Nuova batteria al litio-zolfo alimenta smartphone per 5 giorni?


    Una nuova batteria al litio-zolfo con una capacità ultra elevata potrebbe condurre alla realizzazione di auto elettriche drasticamente più economiche e allo stoccaggio dell'energia di rete su larga scala (energia proveniente soprattutto da fonti rinnovabili).

    La dott.ssa Mahdokht Shaibani ricercatrice presso il dipartimento di ingegneria meccanica e aerospazione della Monash University di Melbourne, Australia e i suoi colleghi hanno sviluppato una batteria che possiede una capacità cinque volte superiore a quella delle batterie agli ioni di litio. La batteria è in grado di mantenere un'efficienza del 99% per oltre 200 cicli di carica e scarica, se venisse utilizzata per alimentare uno smartphone sarebbe in grado di tenerlo acceso per cinque giorni.

    Nexus7(2012) & carica batteria - Credits: Laineema https://flickr.com/photos/57389791@N03/12234943555/ CC BY 2.0Immagine - Nexus7(2012) & carica batteria - Credits: Laineema CC BY 2.0

    Batterie al litio-zolfo, alta capacità ma un grande punto debole

    Ad oggi, il punto debole delle batterie al litio-zolfo è dovuto proprio all’elevata capacità dell'elettrodo di zolfo, così grande da rompersi con i normali cicli di carica e scarica delle batterie. A causa di questo punto debole il vantaggio energetico di tali batterie scompare rapidamente, scrive Shaibani. «L'elettrodo va in mille pezzi e la batteria si esaurisce velocemente».

     

    Questo accade perché l'elettrodo di zolfo si espande e si contrae durante i cicli, il volume dell’elettrodo subisce una variazione di circa il 78%. Il cambiamento di volume si verifica anche negli elettrodi delle batterie agli ioni di litio che alimentano auto elettriche e smartphone, ma la variazione è circa otto volte più piccola rispetto alle batterie al litio-zolfo.

     

    La soluzione per evitare che l’elettrodo di zolfo si disintegri

    Per evitare che l'elettrodo si disintegri nella batteria al litio-zolfo, i ricercatori hanno fornito alle particelle di zolfo più spazio per espandersi e contrarsi. Generalmente le batterie al litio-zolfo sono costituite da materiali aggiunti che legano insieme le particelle in modo tale che la batteria non si rompa mentre l’elettrodo di zolfo si espande. Il team condotto da Shaibani ha utilizzato una minore quantità di materiale polimerico che serve a tenere insieme le particelle nel loro elettrodo e ha creato strutture più distanziate tra le particelle di zolfo.

     

    Questo polimero è in grado di creare una serie di ponti tra le particelle piuttosto che una fitta rete, ciò permette di bilanciare la resistenza alla rottura della batteria con la sua capacità di scaricare una grande quantità di energia.

     

    Questa batteria al litio-zolfo potrebbe ridurre drasticamente il costo delle batterie per le auto elettriche e lo stoccaggio dell'energia di rete poiché lo zolfo è un elemento chimico abbondante ed estremamente economico.

     

    Potenziali problemi etici

    Tuttavia, le batterie al litio-zolfo possono incorrere in problemi etici simili a quelli legati alla produzione delle batterie agli ioni di litio. Gli ossidi metallici contenuti nelle batterie agli ioni di litio sono tipicamente nichel, cobalto o manganese, elementi costosi che si trovano sempre meno nei giacimenti naturali. Tutto ciò porta a dei problemi etici associati all’estrazione di tali elementi, infatti una percentuale significativa di cobalto proviene dal lavoro minorile di minatori bambini nella Repubblica democratica del Congo.

     

    «Per avere un costo dell'energia decisamente più economico e batterie più etiche, abbiamo bisogno di un sistema di stoccaggio dell'energia radicalmente nuovo», scrive Shaibani. I ricercatori condurranno ulteriori test sui prototipi delle batterie al fine di arrivare nei prossimi anni alla produzione commerciale in Australia.

     

    Riferimenti

    Lo studio “Expansion-tolerant architectures for stable cycling of ultrahigh-loading sulfur cathodes in lithium-sulfur batteries“ è stato pubblicato sulla rivista Science Advances, DOI: 10.1126/sciadv.aay2757