Un gruppo di ricercatori americani ha recentemente pubblicato uno studio che potrebbe condurre la fiorente industria dell’energia solare ad utilizzare i cristalli di perovskite per la produzione delle celle solari fotovoltaiche.
Immagine 1 - Tre tipi di celle solari fatte di perovskite bidimensionale. A sinistra, un campione a temperatura ambiente; al centro (in alto) un campione con il gap di banda “problematico”, a destra il campione realizzato con la tecnica “hot-casting” che possiede le prestazioni migliori dal punto di vista del rendimento energetico. Credit: Los Alamos National Laboratory
Gli scienziati del Los Alamos National Laboratory insieme ai colleghi della Northwestern University e della Rice University sono riusciti ad ottimizzare il proprio metodo di produzione dei cristalli di perovskite sviluppando un nuovo tipo di perovskite a strati bidimensionali.
I prototipi di celle basate su questo nuovo tipo di perovskite possiedono un’eccezionale stabilità e un’efficienza di conversione energetica più che triplicata rispetto ai precedenti prototipi di celle solari basate sulla perovskite.
La perovskite
I cristalli di perovskite sono stati scoperti nel 1839 e sono stati utilizzati a partire dal 1970 per le loro proprietà conduttive. Nelle celle solari fotovoltaiche l’energia viene catturata generalmente tramite materiali ibridi organici-inorganici e spesso viene utilizzato un composto di perovskite.
Alcuni passi in avanti sul recupero dell’efficienza energetica della perovskite 3D sono stati compiuti in precedenza grazie al lavoro svolto da alcuni ricercatori del Los Alamos Laboratory. Le perovskiti 3D hanno un’efficienza di conversione energetica superiore al 20% e possiedono anche notevoli proprietà fotofisiche.
Nonostante questa efficienza impressionante (rispetto a un mero 4,73% raggiunto dalle strutture 2D), lo svantaggio principale nell'utilizzo delle strutture 3D è lo scarso rendimento energetico in condizioni sfavorevoli di calore e umidità.
Negli ultimi anni gli studi sull'utilizzo della Perovskite nel settore fotovoltaico si sono moltiplicati. Circa un mese fa un gruppo di ricercatori del politecnico federale di Losanna ha pubblicato uno studio riguardante una nuova modalità per aumentare l’efficienza delle celle solari fotovoltaiche utilizzando la perovskite.
L'orientamento dei cristalli, un vero e proprio rompicapo
«L’orientamento dei cristalli è stato un rompicapo per oltre due decenni, questa è la prima volta in cui siamo riusciti a capovolgere il cristallo della perovskite nel processo di fusione reale» scrive il dott. Hsinhan Tsai che lavora insieme al ricercatore senior Aditya Mohite coautore di uno studio che è stato pubblicato sulla rivista Nature. «Utilizzando la nostra tecnica di fusione abbiamo creato dei cristalli a strati che permettono ad un flusso di elettroni di fluire verticalmente verso il basso senza essere bloccato dallo strato intermedio di cationi organici».
Questa ricerca rientra negli obiettivi del Los Alamos National Laboratory, la conduzione cioé di ricerche multidisciplinari per rafforzare la sicurezza energetica degli Stati Uniti. L’esplorazione di fonti energetiche alternative rientra senza dubbio tra questi obiettivi.
Immagine 2 - Schema del processo produttivo per la realizzazione di film sottili di perovskite (PbCH3NH3I3–xClx) attraverso la tecnica di fusione "hot casting". Credits Science Mag.
Il materiale bidimensionale è stato inizialmente creato presso la Northwestern University grazie al lavoro di Mercouri G. Kanatzidis, Charles E., Emma H. Morrison e Costas Stoumpos, partendo dall’esplorazione di un interessante materiale 2D in grado di orientare i suoi strati in maniera perpendicolare al substrato.
«La perovskite 2D apre una nuova dimensione negli studi sulla perovskite» scrive il prof. Kanatzidis. «Si aprono nuovi orizzonti per la realizzazione di una nuova generazione di celle solari e di nuovi dispositivi optoelettronici come ad es., diodi LED, laser e sensori».
La sfida più grande per i ricercatori è stata quella di trovare qualcosa che funzionasse meglio delle perovskiti 3D. Grazie alla nuova tecnica di fusione "hot casting" (vedi immagine 2) i ricercatori sono riusciti a creare una perovskite 2D che ha raggiunto il 12% di efficienza.
L'immagine 2 descrive schematicamente il processo di fusione a caldo per ottenere la deposizione di film sottili di perovskite. L'approccio prevede una colata di una miscela calda (~ 70°C) di ioduro di piombo (PbI2) e una soluzione di metilammina cloridrato su un substrato mantenuto ad una temperatura fino a 180 °C e fatto ruotare per 15 secondi (tecnica "spin coating") al fine di ottenere una pellicola uniforme.
«Stiamo cercando di produrre un film monocristallino sottile che non solo sarà rilevante per il settore fotovoltaico ma anche per realizzare applicazioni che richiedono un’elevata efficienza luminosa in grado di competere con le tecnologie attuali» scrive il dott. Aditya Mohite, ricercatore coordinatore del progetto.