I segnali arrivati dal telescopio spaziale Hubble suggeriscono che la esoluna dovrebbe essere grande come il pianeta Nettuno e potrebbe orbitare attorno ad una stella e a un pianeta gassoso gigante, tali oggetti cosmici dovrebbero traovarsi ad una distanza di circa 8000 anni luce dalla Terra.
Immagine - rappresentazione artistica dell'esopianeta Kepler-1625 B mentre transita davanti alla sua Stella seguito dalla probabile esoluna. Credit: Courtesy of Dan Durda.
Gli astronomi hanno forse trovato la prima esoluna di un pianeta orbitante attorno a un'altra stella (al di fuori cioè del Sistema Solare)? È una possibilità.
Gli astronomi della Columbia University Alex Teachey e David Kipping hanno utilizzato i dati provenienti dai telescopi Kepler della NASA e Hubble e hanno segnalato la traccia potenziale di una luna delle dimensioni del pianeta Nettuno orbitante attorno ad un pianeta 3 volte più pesante di Giove, gli oggetti cosmici orbiterebbero attorno a una stella (simile al nostro Sole) con un’età di quasi 10 miliardi di anni. La distanza dalla Terra di questi oggetti è di circa 8000 anni luce.
Ma una luna così grande è in grado di mettere a dura prova una semplice spiegazione basata sulle attuali teorie prevalenti riguardante la formazione delle lune. I risultati sono apparsi in uno studio pubblicato il 3 ottobre sulla rivista Science Advances. Nel 2017 lo stesso team di ricercatori aveva tentato di portare evidenze sperimentali dell'esistenza di tale luna.
Una scoperta che potrebbe cambiare radicalmente la prospettiva della diffusione della vita nell'Universo
Se dovesse essere confermata questa scoperta potrebbe cambiare l'attuale concezione che hanno gli scienziati in merito alla formazione dei pianeti e delle lune, ciò comporterebbe potenziali implicazioni anche per quanto riguarda la diffusione della vita in tutto il cosmo. Quando si parla di mondi extraterrestri l’Universo è più strano di quanto si possa immaginare.
Una esoluna straordinaria
Se prendiamo il nostro sistema solare come riferimento per tutti gli altri sistemi planetari allora le lune dovrebbero, dal punto di vista della numerosità, oltrepassare enormemente i pianeti. Individuare come e quanto spesso si formano tali oggetti cosmici darebbe una grossa mano agli astrobiologi nel cercare la vita nella nostra galassia.
I dati statistici provenienti dal telescopio Kepler suggeriscono che le lune sono particolarmente assenti intorno ai pianeti nelle orbite temperate attorno alle loro stelle; questo indicherebbe che le lune più grandi sembrano essere presenti in climi più freddi e le lune abitabili sembrano essere un fenomeno estremamente raro.
Si ritiene che le lune si possono formare in tre modi:
1) dalla fusione dei residui della formazione di un pianeta (residui costituiti dagli anelli di gas e polvere);
2) dai detriti proiettati in orbita attorno ad un pianeta a seguito di un impatto gigantesco;
3) dalla cattura gravitazionale da parte di un pianeta a seguito di rari incontri ravvicinati di coppie di asteroidi o comete in orbita.
Purtroppo questa nuova esoluna proposta nei ricercatori non rientra in nessuna di queste teorie sulla formazione delle lune. Da una parte sembra essere troppo grande per essere nata dalla fusione dei residui di formazione del suo pianeta, mentre dall'altra il pianeta è un gigante gassoso che difficilmente riesce a espellere velocemente dei detriti a seguito di qualsiasi impatto immaginabile. Infine la cattura gravitazionale attraverso un incontro ravvicinato con un altro oggetto cosmico (anche se possibile) richiederebbe una concatenazione inverosimilmente perfetta di tutta una serie improbabile di circostanze.
«Se quest'ultima ipotesi dovesse risultare corretta si aprirebbe un nuovo scenario per quanto riguarda la formazione delle lune» scrive René Heller ricercatore presso il Solar System Research del Max Planck Institute in Germania. «Attualmente l'esistenza della luna proposta richiederebbe di ripensare i nostri concetti su che cos'è una luna in primo luogo» prosegue il ricercatore.
Per mettere le cose in prospettiva bisogna considerare che la luna più grande del Sistema Solare, Ganimede di Giove è molto più piccola (meno della metà) di Mercurio (il pianeta più piccolo del Sistema Solare). Al contrario la luna di kepler-1625b è circa 10 volte più massiccia di tutti i pianeti e delle centinaia di lune presenti nel nostro sistema solare.
Questo suggerisce che «Questa luna si sarebbe formata in un modo completamente diverso rispetto a qualsiasi luna presente nel Sistema Solare» scrive Heller.
Nessun altro ricercatore ha mai definitivamente scoperto una esoluna, questo particolare non è certamente da sottovalutare. Gli stessi autori dello studio sono molto cauti riguardo la possibile scoperta di questa luna.
«Questa luna potrebbe avere proprietà abbastanza sorprendenti, già questo è un buon motivo per essere scettici», scrive Kipping, professore alla Columbia University che ha trascorso l'ultimo decennio alla caccia di esolune. «Se si fosse trattato del decimo oggetto conosciuto del suo tipo, potremmo definire tale evento una 'scoperta' senza alcun dubbio. Ma poiché si tratta del primo del suo genere è necessario effettuare dei controlli minuziosi.... Non posso ancora convincere me stesso al 100 % che questo oggetto è sicuramente reale».
«Stiamo esortando tutti ad essere molto cauti, la prima esoluna è ovviamente un’affermazione straordinaria, perciò sono richieste prove straordinarie», scrive Teachey, autore principale dello studio.
Conosciamo pochissimo di questo potenziale satellite, salvo che la sua dimensione stimata e la distanza di 3 milioni chilometri che lo separano dal suo ospite planetario potrebbero farlo apparire nei suoi cieli due volte più grande rispetto alla Luna della nostra Terra. Teachey e Kipping hanno utilizzato i dati del periodo di rotazione della coppia luna pianeta intorno alla sua stella stimando che le temperature medie potrebbero essere vicine al punto di ebollizione dell’acqua, caldo insopportabile ma non troppo per i microbi più resistenti che vivono e prosperano sulla Terra. Per i biologi la mancanza di superfici sia sul pianeta sia sulla relativa luna sarebbe il l’ostacolo più grande per la vita, in tali condizioni non ci si aspetta di trovare extraterrestri.
Rilevare le lune durante il transito davanti ad un sole
Non è la prima volta che qualcuno sostiene di aver scoperto un’esoluna, nel corso degli anni tali rivendicazioni si sono succedute diverse volte. Una rivendicazione particolarmente plausibile è avvenuta nel 2013: gli scienziati segnalarono il potenziale rilevamento di un oggetto che potrebbe essere un’esoluna con una massa paragonabile ad un pianeta avente una massa a metà strada tra quella di Marte e quella di Nettuno: tale potenziale esoluna ruoterebbe attorno ad un pianeta avente una massa simile al nostro Giove e fluttuerebbe liberamente nello spazio oppure si tratterebbe di un’esoluna che orbiterebbe attorno ad un pianeta gassoso gigante simile a Giove che a sua volta orbiterebbe intorno ad una piccola stella debole. Qualunque sia la sua natura, tale sistema è stato rilevato solo in una posizione dello spazio a causa di un fenomeno chiamato microlente gravitazionale, tale fenomeno si verifica soltanto una volta e interamente per caso e quindi non è stato possibile osservarlo nuovamente. Nel 2015 un'analisi separata di un gigantesco sistema ad anelli (trovato attorno all’esopianeta "Super-Saturno" J1407b) ha rivelato molteplici lacune tra gli anelli che potrebbero indicare che si siano formate delle esolune. Ma al di là di questi risultati circostanziali non esistevano candidati credibili.
I primi indizi della potenziale scoperta
I primi indizi relativi ad una possibile scoperta rivoluzionaria sono emersi lo scorso anno come parte di un programma di ricerca più grande di cinque anni: Kipping e Teachey hanno analizzato i dati provenienti dal telescopio Kepler relativi a circa 300 pianeti per individuare le esolune. Il set di dati del telescopio Kepler contiene migliaia di pianeti conosciuti. Quasi tutti i pianeti del set di dati del telescopio Kepler transitano davanti ad un sole, ciò significa che dalla Terra è possibile vedere il transito di tali pianeti davanti ai loro rispettivi soli: questo transito proietta un'ombra verso di noi che gli astronomi misurano come una breve diminuzione della luminosità di una stella.
Se alcuni di questi pianeti dovessero nascondere grandi lune in orbite ampie, potremmo essere in grado di rilevare il transito di tali lune poiché tali satelliti contribuirebbero a far diminuire ulteriormente la luce di una stella sia poco prima sia dopo il transito del relativo pianeta.
Kipping e Teachey hanno spiato ciò che è sembrato essere tale tipo di segnale in tre transiti del pianeta Kepler 1625 b. Questo è stato sufficiente per impiegare 40 ore di tempo attraverso l’utilizzo dello strumento Wide Field Camera (WFC3) di Hubble, strumento per effettuare un’osservazione follow-up di un singolo transito aggiuntivo del pianeta e della relativa luna potenziale (transito che era stato previsto tra il 28 e 29 ottobre 2017). Oltre alla ricerca del transito lunare, il programma Hubble ha tentato di individuare la tempistica precisa del transito di Kepler 1625 b, che potrebbe essere stato alterato dallo strappo gravitazionale di una luna o da un pianeta vicino non transitante.
Le osservazioni di Hubble hanno raggiunto una precisione quattro volte maggiore rispetto ai dati del telescopio Kepler rilevando che, in effetti, questo transito di Keplero 1625 b è stato spostato nel tempo, arrivando 75 minuti circa prima del previsto; proprio quello che ci si aspetterebbe se i moti del pianeta fossero turbati da una massiccia luna al seguito. Inoltre, 3,5 ore dopo la conclusione del transito del pianeta, Hubble è stato in grado di raccogliere una seconda variazione di luminosità molto più piccola: soli cinque centesimi dell’1%.
L'influenza delle macchie stellari sulla luminosità delle stelle
La luminosità delle stelle diminuisce di più a causa di macchie stellari e modelli convettivi sulle loro superfici, ma le prove di osservazione di base suggeriscono che tale attività stellare non c’entra nulla in questo caso scrive Kipping. Invece, prosegue il ricercatore, il minuscolo segnale rilevato era coerente con una luna delle dimensioni di Nettuno «che segue il pianeta come un cane al guinzaglio segue il proprio padrone».
Purtroppo il tempo di utilizzo del telescopio Hubble assegnato a Kipping e Teachey è scaduto prima di poter trarre le conclusioni sulla fine del transito minore, rendendo il set di dati dei ricercatori incompleto, ciò comporta la possibilità che possa essersi trattato di tutt’altro invece dell'ombra apparente della luna.
Spegnere il segnale
«Non vedo alcun motivo per cui non debba trattarsi di una esoluna», scrive Peter McCullough, astronomo ed esperto della strumentazione di Hubble alla Johns Hopkins University, che non è stato coinvolto nella ricerca. «All’opposto, non vedo alcun motivo per cui dovrebbe trattarsi di un’esoluna. Entrambe le ipotesi sono giustificabili» prosegue McCullough.
Lo strumento WFC3 di Hubble è noto per esibire variazioni di routine minori, difficili da bloccare nelle sue prestazioni che potrebbero mimare il tenue segnale di una luna. McCullough e altri ricercatori hanno familiarità con i risultati dello strumento WFC3 di Hubble e si sono focalizzati sull'ultimo rilascio di dati provenienti dalla missione di Keplero: nuovi metodi analitici all'avanguardia hanno fatto sì che i segni già borderline dell’esoluna perdessero di significato dissolvendosi nei dati di Keplero. «Penso che questo mostri come possa essere fluida l'interpretazione della situazione, con così pochi transiti che sono stati osservati [di Keplero 1625 b],» scrive McCullough. «I ricercatori sono pienamente consapevoli di questo stato delle cose, sono esperti mondiali in questo campo. È solo la natura del problema ad essere così difficile» prosegue McCullough.
Teachey e Kipping sostengono di aver trascorso quasi un anno ad analizzare i dati cercando di spiegare al meglio delle loro possibilità gli indizi che hanno raccolto, la loro affermazione più straordinaria resta la più convincente. «Per quanto possiamo dire, non c'è modo di spegnere questo segnale c'è davvero un secondo tuffo nella luce della stella» scrive Kipping. E sì, lo spostamento di tempo nel transito di Kepler 1625 b potrebbe essere alternativamente dovuto all'influenza di un pianeta invisibile molto massiccio ma nessun tale pianeta è stato trovato malgrado siano stati utilizzati e controllati in maniera minuziosa i dati di Keplero e di Hubble. «Una luna resta l'ipotesi più semplice, più elegante e auto-coerente ed è per questo che propendiamo per essa» scrive Kipping. «È arrivato il momento di lasciare che la comunità scientifica si occupi dei nostri risultati».
C'è solo un modo per risolvere veramente il problema: ottenere più dati. Il lancio del James Webb Space Telescope (previsto per il 30 marzo 2021 salvo ulteriori ritardi) dovrebbe essere in grado di fornire i dati per poter pronunciare definitivamente il verdetto a favore o contro l’esoluna. Nel frattempo Kipping e Teachey stanno aspettando l'approvazione di un'altra proposta per utilizzare nuovamente il telescopio Hubble, questa volta gli scienziati avrebbero il doppio del tempo a disposizione per catturare i transiti completi di Kepler 1625 b e della relativa luna (presunta) durante l'incrocio celeste previsto per il prossimo maggio 2019.
Questa volta, i ricercatori prevedono che la luna si troverà sul lato opposto della sua orbita, con un transito che precederà quello del pianeta stesso. «Dovremmo vedere un evento lunare separato e nitido» scrive Kipping. «Nel caso ciò dovesse accadere penso proprio che non ci siano più dubbi in proposito. Penso che potremmo avere un caso molto chiuso su questo sistema». Tranne, naturalmente, su come si è formata in primo luogo.