Alla scoperta del cervello


    Sogni, emozioni, ricordi e pensieri

    Percorrere l’affascinante viaggio che ci conduce alla scoperta delle funzioni e dell’anatomia del sistema nervoso, significa spingersi dentro i meandri, affascinanti e imprevedibili, dell’intera storia dell’uomo dalla sua comparsa fino ai giorni nostri.

    È infatti nel cervello umano che si formano tutte le nostre conoscenze, le nostre emozioni, i nostri ricordi, il nostro pensiero, ma anche la nostra creatività e immaginazione.

    Fin dall’epoca di Platone e Galeno, infatti, gli scienziati dell’epoca ritennero di poter identificare nel cervello il centro propulsore di tutte le attività umane.

    Gli studi di anatomia prima e di istologia poi permisero in seguito di identificare l’estrema complessità strutturale del cervello umano.

    Le indagini sui reperti fossili confermarono inoltre lo stretto rapporto esistente fra un aumento del peso del cervello nell’uomo e la sua maggiore evoluzione rispetto agli animali.

    Alla fine dell’Ottocento si riuscì a dimostrare l’esistenza dei neuroni e di notevole importanza fu la scoperta, dovuta a L. Galvani, della trasmissione elettrica degli impulsi nervosi.

    Inoltre gli sviluppi della biochimica hanno permesso di individuare le basi molecolari di importanti manifestazioni nervose quali la percezione degli stimoli, la contrazione muscolare, la percezione del dolore o lo stato emozionale.

    Ancora molto si deve scoprire invece riguardo i processi di memoria, apprendimento, della coscienza di sé e della creatività campi in cui gli studi di neurofisiologia sfumano nel vasto campo delle scienze umane.

    Le parti del cervello

    Ma come è composto il cervello?

    Esistono diverse parti:

    Corteccia frontale: Costellazione di neuroni spessa circa tre millimetri percorsa da solchi che delimitano numerose ripiegature che servono ad aumentarne la superficie.

    La corteccia frontale è composta da quattro parti:

    1. il lobo frontale responsabile dei movimenti volontari e sede delle attività mentali "superiori" come pensare, apprendere, ricordare;
    2. il lobo parietale regno delle sensazioni tattili;
    3. il lobo occipitale che permette la visione delle cose e del mondo che ci circonda;
    4. il lobo temporale che consente di udire i suoni della natura.

    Corpo calloso:

    Parte che consente la connessione fra i due emisferi cerebrali;

    Talamo:

    Importantissima zona dove sostano, vengono smistati e integrati tutti gli impulsi, che provengono dagli organi sensoriali, in viaggio verso la corteccia.

    Mesencefalo:

    Zona di transito degli impulsi di occhi e orecchie.

    Ipotalamo:

    Centro di controllo delle funzioni del metabolismo come la temperatura, la fame, la sete, il sonno e la veglia, l’accumulo di grasso corporeo ecc…

    Cervelletto:

    Posto al di sotto della corteccia il cervelletto presiede al movimento, la mantenimento dell’equilibrio e alla perfetta riuscita di movimenti muscolari complessi.

    Bulbo:

    Al suo interno vi si trovano i centri di respirazione e quelli che regolano la pressione sanguigna.

    Formazione reticolare:

    Potente centro di regolamentazione del tono cerebrale generale. Se danneggiato gravemente è responsabile dell’entrata in coma di un individuo.

    Ipofisi:

    Ghiandola che secerne sei ormoni, fra cui quello della crescita, che vanno ad immettersi direttamente nelle circolazione sanguigna.

    Se volessimo dunque semplificare il discorso sull’anatomia del cervello potremmo comparare il cervello a una struttura a tre "bucce" o per meglio dire tre strati che con l’evoluzione si sono sovrapposti: uno più arcaico che presiede agli istinti; uno intermedio che coordina le emozioni; uno recente che è responsabile della parte razionale.

    Il comportamento umano nasce in buona sostanza dall’interazione fra queste tre componenti.

    Fin qui dunque ci siamo occupati seppur sommariamente dell’anatomia e delle funzioni associate alle varie parti del cervello.

    Occorre ora invece inoltrarci nel fantastico labirinto della corteccia cerebrale sede delle più alte e nobili attività della mente umana.

    Piero Angela ha paragonato questa porzione del sistema nervoso alla foresta amazzonica piena di "alberi"(i neuroni) dotati di ampie "ramificazioni" (i dendriti e i neuriti) e tronchi(cellule nervose piramidali) molto lunghi che si espandono capillarmente sia in alto che in basso.

    Penetrando più in profondità nel cervello troveremo inoltre una cellula che più che ad un albero assomiglia ad un "cespuglio": è una cellula nervosa stellata che collega le cellule piramidali tra loro.

    È lungo questa fittissima rete nervosa che corrono gli impulsi che provengono dall’esterno e che si propagano grazie ad un raffinato sistema elettrochimico. Come?

    Grazie alle sinapsi ovvero degli "spinotti", così come sono stati simpaticamente definite da Piero Angela, che permettono il collegamento fra un neurone e un altro al fine di far transitare al meglio l’impulso nervoso.

    Quando infatti arriva l’impulso nervoso alcune sostanze chimiche(neurotrasmettitori) vengono liberate dalle sinapsi e si vanno a depositare sulla cellula nervosa accanto che, attraverso dei recettori sensibili a tale messaggio chimico, riesce a provocare una scarica elettrica facendo così transitare il messaggio.

    I principali neurotrasmettitori

    Fra i principali neurotrasmettitori vi sono la serotonina, l’acetilcolina, l’adrenalina.

    Ma in quale alfabeto i neuroni trasmettono i loro messaggi?

    Si sa che quando la cellula è a riposo emette pochi e deboli impulsi intermittenti, mentre quando è eccitata emette una scarica continua che può raggiungere gli 800 impulsi al secondo.

    I ricercatori tentano di interpretare al meglio questi segnali ma una cosa è già chiara: il codice del messaggio non va ricercato nella singola cellula nervosa, di per sé incapace di trasmettere al cervello un intero messaggio, ma va studiato nell’insieme dei segnali che i vari neuroni inviano al cervello.

    In altre parole è solo dall’unione dei vari frammenti di segnale che ogni neurone invia al cervello che si può vedere ricomposto il messaggio nel suo insieme e comprendere meglio cosa arriva e come viene elaborato dal cervello il dato complessivo.

    Le quattro caratteristiche fondamentali del cervello

    In definitiva il cervello umano possiede quattro caratteristiche fondamentali:

    • Globalità:
    • L’intero cervello è un sistema globale con continui scambi con l’ambiente esterno. Queste influenze, stimoli, interazioni possono influenzare anche aree molto lontane del cervello. La visione di un volto amato, un profumo, una musica, un oggetto possono far scattare certi circuiti richiamare a galla certe memorie, certe sensazioni gradevoli o meno.
    • Plasticità: Il cervello di un neonato ha una infinita gamma di possibilità, possiede mille futuri possibili. Tutto dipende dall’educazione e dall’ambiente culturale che lo circonda.
    • Doppiezza: Noi abbiamo due cervelli, così come abbiamo due mani, due reni, due occhi. Sono due emisferi collegati fra loro in modo da formare una struttura unitaria ma se in teoria venissero separati chirurgicamente ognuno dei due emisferi potrebbe lavorare autonomamente.
    • Archivio: Il cervello non è un armadio dove ogni volta che lo si apre cadono tutti i libri o i vestiti.

    Si è visto infatti che recidendo il "corpo calloso", che tiene collegati i due emisferi, in pazienti malati di epilessia ci si è accorti che ciascuno dei due emisferi poteva registrare le sensazioni per conto proprio all’insaputa dell’altro.

    Questa eccezionale scoperta ha fatto si che Roger Sperry, ricercatore del Californian Institute of Techonology a Pasadena, ipotizzasse l’ardita teoria in base alla quale ogni metà del cervello potrebbe disporre di una sua autonomia non solo funzionale ma emotiva e intellettuale.

    In altre parole se per assurdo ad un neonato venisse reciso il "corpo calloso" e venisse allevato con un’educazione doppia(una per ogni emisfero del cervello) si potrebbe formare un adulto con due personalità magari profondamente dissimili.

    Il cervello come archivio

    Ogni volta che noi richiamiamo un dato dalla mente, questo "ripescaggio" di idea avviene in maniera sistematica e non caotica, riportando a galla solo l’informazione desiderata.

    Il cervello è dunque simile ad un archivio computerizzato dove pigiando un tasto(ovvero stimolando elettricamente le parti della corteccia desiderate) riaffiora il ricordo desiderato.

    Questo significa che la stimolazione elettrica della sinapsi non provoca una propagazione caotica di impulsi simile ad un incendio, quanto piuttosto richiama un solo ricordo o una sola sensazione alla volta.

    Stimolando dunque una reazione se ne inibiscono altre. È proprio l’inibizione che regola il funzionamento del cervello evitando il sovraffollamento di troppe idee o immagini.

    Ovviamente siamo noi a decidere quale "priorità" dare ai messaggi che giungono dal mondo esterno in base alle nostre esigenze, al nostro vissuto e al nostro sostrato culturale.

    Ogni volta dunque che pensiamo "scegliamo" un percorso preciso ignorando per il momento altri.

    Se finora ci si è occupati dell’anatomia e delle principali funzioni delle varie parti del cervello resta ora da analizzare l’immensa attività di questa parte del corpo umano al fine di affrontare un vasto e affascinante campo d’indagine: l’apprendimento e la sua dipendenza dalla memoria, dall’attenzione, dal pensiero, dalle emozioni e dalla creatività.

    La vastità di tale ambito impone di affrontare sommariamente i punti essenziali del problema cercando di trarne comunque un quadro d’insieme finale.

    Bisogna innanzitutto sottolineare come l’arte dell’imparare sia stata da sempre l’arma vincente della specie umana.

    Lo studio dell’apprendimento e delle sue modalità di funzionamento nel cervello umano inizia nel ‘700 con il ricercatore piemontese Malacarne uno scienziato curioso di rispondere alla seguente domanda: è possibile che l’apprendimento consista in una serie di modificazioni del cervello dovute agli stimoli che ci giungono dall’esterno?

    Per rispondere a questa domanda lo scienziato pensò di allevare dei cani in situazioni di apprendimento molto diverse fra loro per poi analizzare il cervello dei cani stimolati e vedere se vi era qualche differenza con i cani non stimolati.

    Malacarne non poté portare a termine il suo progetto perché sprovvisto dei mezzi e delle conoscenze oggi in possesso dagli scienziati.

    Ma altri dopo di lui raccolsero e portarono a termine la sua sfida e ottennero incredibili risultati.

    Riuscirono infatti a dimostrare che le diversità fra neuroni "stimolati" e neuroni "deprivati" non sono solo biochimiche ma anche anatomiche e strutturali.

    Le cellule nervose dunque come una qualunque pianta crescono più rigogliose, con più ramificazioni, nuovi rami se adeguatamente stimolate mentre avvizziscono se lasciate totalmente prive di stimoli.

    Il sale delle cellule nervose

    Le esperienze sono dunque il sale delle cellule nervose, senza di loro il substrato genetico del Dna rimane vuoto come una pellicola vergine di una macchina fotografica che non ha mai incontrato un paesaggio esterno da incidere sulla propria superficie.

    Solo tramite l’educazione non si rischia dunque di sprecare tante potenzialità e talenti nascosti del cervello.

    La libertà nasce dunque dalla maggiore quantità di informazioni che si possiede, sono tali input infatti che permettono di scegliere con maggiore consapevolezza e senza subire l’influsso degli altri.

    Se dunque un neonato per lungo tempo è costretto a non usare un occhio, nel tempo, questa creatura si abituerà a tale situazione contraendo gravi disfunzioni del sistema nervoso a carico della vista pur non avendo nessuna patologia fisica iniziale.

    Quando dunque noi parliamo con qualcuno gli modifichiamo il cervello cioè creiamo nella sua mente un miscuglio chimico che stimola lo sviluppo di sinapsi, di collegamenti finora sconosciuti.

    Dopo l’apprendimento le cellule nervose non sono più le stesse.

    Per fortuna nessun individuo è capace di condizionare il cervello a tal punto da far compiere a qualcuno un’azione che non vuole: ciascuno di noi infatti ha un cervello modellato su memorie, idee, pensieri strettamente personali che lo rendono diverso dagli altri e che guidano in gran parte il comportamento di ciascuno di noi.

    Ma ciò non toglie che anche se in minima parte quando qualcuno ci stimola, parlandoci di cose che non conosciamo, contribuisce a modificare il nostro cervello creando un minuscolo nuovo "tracciato" nervoso che prima non c’era.

    In ultima analisi educazione e condizionamento viaggiano sulla stessa linea, agendo entrambi sulla biochimica del cervello.

    Con la differenza che il condizionamento è a vantaggio solitamente di chi lo opera, mentre l’educazione è, o dovrebbe essere, a completo vantaggio di chi la riceve.

    Tuttavia, sembra banale dirlo, non vi può essere apprendimento senza memoria.

    Cosa è la memoria?

    Secondo molti psicologi cognitivi la memoria è uno spazio fisico costituito da tre "magazzini":

    • uno "sensoriale" dove arrivano gli imput dai sensi;
    • uno "a breve termine" di dimensioni ridotte dove vengono conservati solo ricordi temporanei come un numero di telefono appena memorizzato e che dopo breve tempo non si ricorda più;
    • uno "a lungo termine" di capacità illimitata dove i ricordi si fissano a vita.

    Ma cosa è necessario affinché un ricordo si fissi nella memoria a lungo termine e quindi vi sia apprendimento?

    Per rispondere bisogna parlare di attenzione.

    L'attenzione

    Ma anche qui sorgono dubbi su cosa sia l’attenzione.

    Trovare una risposta esauriente a questa domanda è da sempre stato difficile per gli scienziati.

    Molti infatti associano l’attenzione alla concentrazione, altri con riferimento alla selettività dell’elaborazione degli stimoli, quel che è certo è che esistono due tipi di attenzione:

    • Attenzione selettiva;
    • Attenzione distribuita(o diffusa).

    Attenzione Selettiva:

    Elabora uno solo degli stimoli che ci vengono dai sensi.

    Può essere uditiva e visiva secondo il canale sensoriale che coinvolge.

    Nel caso dell’attenzione selettiva uditiva è interessante l’esperimento condotto da Colin Cherry, ricercatore del Massachusetts Institute of Technology, denominato "shadowing" ovvero tecnica dell’ombreggiamento.

    In base a questo metodo bisognava far udire a delle persone due messaggi uno dei quali veniva ombreggiato cioè ripetuto ad alta voce mentre un secondo messaggio veniva fatto ascoltare all’altro orecchio.

    L’esperimento dimostrò senza alcun dubbio che pochissime informazioni venivano percepite dal secondo messaggio e questo dimostrava l’esistenza dell’attenzione selettiva uditiva.

    La selezione degli stimoli visivi da registrare nella memoria si può paragonare al fascio di un riflettore: ciò che è più vicino sarà visto in maniera netta andando sempre più a sfocare per gli oggetti via via più lontani fino a non percepire più alcun oggetto che non si trovi dentro il virtuale fascio di luce della mente.

    Attenzione Distribuita(o diffusa):

    La capacità di svolgere due compiti contemporaneamente è data dalla capacità, limitata, della nostra mente di usufruire della cosiddetta attenzione distribuita.

    Il buon funzionamento dell’attenzione distribuita e dunque il risultato positivo dei nostri tentativi di svolgere due compiti contemporaneamente dipende da tre fattori essenziali: somiglianza dei compiti, difficoltà del compito, pratica.

    Per la prima proprietà vale il principio che più due compiti sono simili più è difficile che li si possa svolgere insieme coinvolgendo gli stessi canali mentali.

    La seconda proprietà ci dice che più due compiti sono complessi più è arduo compierli insieme, questo perché alla difficoltà propria di ciascun problema si aggiunge la nuova difficoltà di eseguire i due problemi contemporaneamente mandando così in "tilt" per così dire il nostro cervello.

    Infine quanto più alta è la frequenza con cui si svolgono due compiti insieme, tanto più aumentando la pratica aumenterà la facilità di esecuzione riducendo quasi a zero le possibilità di errore.

    Questo perché con la pratica subentra la cosiddetta "elaborazione automatica" ovvero l’esecuzione di uno o più compiti con il minimo coinvolgimento della coscienza.

    Affinché dunque vi sia apprendimento è necessario che un numero enorme di ricordi si fissi nella memoria a lungo termine e perché ciò avvenga è necessario che uno stimolo accenda i nostri sensi, susciti in altre parole la nostra attenzione.

    Ovviamente più gli stimoli sono emotivi e riguardano il nostro benessere o viceversa una sensazione di dolore, più il nostro cervello si attiva e memorizza queste esperienze.

    Da questi dati infatti dipenderà la sopravvivenza data dal riconoscere e distinguere le potenziali situazioni che daranno piacere da quelle che indurranno pericoli.

    Dunque amori, odii, incidenti, fughe, vittorie, lutti, soddisfazioni, violenze, allegrie, lotte, sono queste le emozioni che stimolano di più il cervello che ci colpiscono di più per la loro carica di novità imprimendosi meglio nella memoria e facilitando così l’apprendimento.

    Le tecniche di memorizzazione efficace

    Esistono anche delle tecniche per memorizzare meglio. Sono le "mnemo-tecniche".

    Le mnemo-tecniche

    Ecco le più semplici: dobbiamo ricordare 4 città come Cagliari, Napoli, Torino, Milano, per farlo si può tentare di usare le iniziali per formare una parola facile da ricordare come "camminato".

    Se invece dobbiamo ricordare sette concetti come "sicurezza, comodità, matematica, fluidità, lucidità, benessere, flora" li possiamo collocare ciascuno in una stanza del nostro appartamento seguendo l’ordine delle stanze di casa nostra.

    La sicurezza la metteremmo sulla porta, la comodità sul divano, la matematica come numeri sulle pareti del corridoio, la fiducia nella doccia del bagno, la lucidità nello sgabuzzino assieme al lucida scarpe, il benessere nel frigo in cucina, la flora sul balcone con le piante.

    Ma anche "l’indifferenza" è una grande alleata della nostra mente in quanto ci permette di non cadere vittima del sovraffollamento di informazioni che ogni secondo riceviamo dall’esterno.

    Solo l’1% delle informazioni che riceviamo viene memorizzato.

    Grande nemica del cervello e dell’apprendimento è la "noia": qualunque messaggio per essere appreso deve divertire e coinvolgere emotivamente.

    Questo perché si è scoperto che nel cervello oltre alle sinapsi esistono altri "rubinetti chimici" che, durante uno stato emotivo, come pistole spruzzano sostanze che permettono il transito dell’impulso nervoso, queste sostanze sono i "neuromodulatori" che iniettano sostanze chimiche non sui singoli neuroni ma su tutta la regione del cervello interessata favorendo così il passaggio dell’impulso quindi la sua memorizzazione e apprendimento.

    Ecco perché facendo appello alle emozioni si ottiene un ottimo risultato in termini di capacità di assorbimento di nozioni e di fissaggio a lungo tempo nella nostra mente.

    Occorre dunque tenere sempre presente la necessità di allenare il nostro cervello, fornendogli sempre nuovi stimoli e nuove conoscenze da apprendere.

    Oggi infatti tutti gli esseri umani sono chiamati ad un grande sforzo di adattamento obbligato dalla rapidissima trasformazione tecnologica che viviamo.

    Dobbiamo dunque riconvertirci mentalmente per non restare ai margini del mondo che cambia e riceverne, anziché gratifiche, punizioni.

    Per fare ciò dobbiamo sempre tenere allenato il cervello fin da giovani arricchendoci di quante più esperienze di apprendimento possiamo accumulare.

    Ma non potrebbe esserci apprendimento se non ci fosse il pensiero.

    Se volessimo definire cosa è il pensiero potremmo farlo paragonando il cervello ad un pianoforte e il pensiero alla musica.

    Ineffabile, sfuggente, frutto di ereditarietà e ambiente.

    Ma potremmo usare anche la metafora degli scacchi definendo il pensiero la capacità del giocatore esperto di simulare mentalmente cosa accadrà se compirà quella mossa sapendo già a quali pericoli e quali vantaggi otterrà compiendola senza bisogno ovviamente di farla concretamente per sapere come andrà a finire.

    L’immaginazione mentale di esperienze non ancora provate potrebbe essere la migliore definizione di cosa è il pensiero.

    L’intelligenza consisterebbe dunque nella capacità di associare le molte informazioni presenti in memoria in modo da ottenere un’immagine quanto più nitida e precisa di un oggetto anche quando lo si vede per la prima volta.

    Scomposizione, confronto con le memorie precedenti, ricostruzione mentale, il meccanismo cerebrale è sempre lo stesso utile dalle operazioni più semplici a quelle più complesse.

    Ovviamente l’intelligenza è collegata alla memoria, alla quantità di dati disponibili, alla qualità di informazioni registrate ma soprattutto alla capacità elettrochimica di "accendere" i circuiti mentali in modo da riuscire con successo nel cosiddetto "problem solving".

    Ma come abbiamo già detto sopra sono proprio le emozioni quelle che si imprimono maggiormente nella nostra memoria condizionando così anche il processo di apprendimento e di "problem solving".

    Fin dall’antichità infatti l’uomo ha appreso, attraverso l’aver provato paura, dolore o benessere, che certi comportamenti erano utili per risolvere determinati problemi mentre altri erano da evitare per non incorrere in drammatici esiti.

    La memoria quindi si è arricchita di dati e di esperienze derivanti dalla cosiddetta "intelligenza emotiva" fondamentale per l’apprendimento.

    Ma non esisterebbe l’arte di imparare se accanto alle emozioni non ci fosse la creatività e l’immaginazione.

    Proprio grazie alla fantasia infatti, come diceva il matematico e saggista inglese Jacob Bronowski, "tutti coloro che immaginano prendono in realtà due parti dell’universo che non erano mai state messe insieme e, mostrandone il rapporto, fanno più ampia la connessione totale".

    Stephen Kosslyn, psicologo alla Harvard University, sta studiando il ruolo dei processi immaginativi nell’elaborazione del pensiero e della memoria.

    Scopo della ricerca è analizzare il modo con cui le immagini mentali servono a rappresentare le informazioni e a immagazzinarle nel cervello per poi essere usate per pensare e quindi per apprendere.

    Come pensano i grandi matematici?

    Come utilizzano le loro immagini mentali nel pensiero creativo che tante geniali teorie scientifiche ha permesso di intuire prima e di formalizzare poi?

    Conclusioni

    Rispondere a questa domanda è assai complesso ma la di là della soluzione un dato è certo: la creatività, l’immaginazione, le emozioni sono la fiamma che accende i miliardi di circuiti dei nostri neuroni capaci non solo di pensare e apprendere cose già viste ma di creare dal nulla cose nuove ed entusiasmanti.
    Sempre a patto che si tenga sempre allenato il cervello e non ci si dimentichi mai del nostro più prezioso tesoro: la nostra mente!!!

    Sitografia

    CALTECH - Californian Institute of Technology www.caltech.edu

    Kosslyn Laboratory - Harvard University www.wjh.harvard.edu/~kwn/

    HU - Harvard University www.harvard.edu

    Jacob Bronowski - University of St Andrews Scotland www-history.mcs.st-andrews.ac.uk/Mathematicians/Bronowski.html

    The Jacob Bronowski Archive www.drbronowski.com

    The Roger W. Sperry Site www.rogersperry.org

    Roger Wolcott Sperry - From Wikipedia, the free encyclopedia http://en.wikipedia.org/wiki/Roger_Wolcott_Sperry

    Colin Cherry Home Page www.cs.ualberta.ca/~colinc/

    Colin Cherry - From Wikipedia, the free encyclopedia http://en.wikipedia.org/wiki/Colin_Cherry