[15/06/2004] Autoorganizzazione,emergenza, apertura logica
Introduzione
Lo studio della complessità dei sistemi fisici ha suggerito un approccio al problema della conoscenza radicalmente diverso da quello tradizionale, mettendo in evidenza il ruolo dell'osservatore e le sue scelte modellistiche.
Non c'è più una realtà esterna "fissa" da rappresentare mediante l'uso di principi di partenza e conseguenti risultati secondo uno schema lineare.
Piuttosto, il sistema della conoscenza è caratterizzato da un processo di auto-organizzazione delle informazioni che procede per successivi anelli di retro-azione dai risultati ai principi, modificando via via gli uni e gli altri, in una progressiva "costruzione" della realtà .
Alla definizione di questa linea di pensiero che intreccia risultati sperimentali e problematiche epistemologiche, hanno dato un contributo decisivo le ricerche di Norbert Wiener, Ludwig von Bertalanffy, Warren Sturgis Mc Culloch, Jean Piaget, Heinz von Foerster, Gregory Bateson, Humberto Maturana, Francisco Varela ed Henri Atlan.
[inline: 1= Immagine - 1 - Norbert Wiener (1894-1964)] Immagine - 1 - Norbert Wiener (1894-1964)
Presenteremo qui nelle sue linee principali l'epistemologia naturale costruttivista messa a punto separatamente da Gregory Bateson e, all'incirca nello stesso periodo, da Humberto Maturana e Francisco Varela, nota ormai come Teoria di Maturana-Varela-Bateson.
Al cuore della teoria c'è l'idea che la vita e la cognizione seguono lo stesso tipo di processo e condividono dunque la stessa natura: una struttura che apprende è una struttura viva, ed è viva finché apprende.
Modelli di sistema: sequenziale e autoadattativo
Per fissare le idee, ricordiamo la definizione di sistema di Hall-Fagen (1956): un sistema è un insieme di elementi (azioni e/o individui) in relazione tra loro.
Nella sua apparente semplicità questa definizione nasconde insidie concettuali formidabili, che furono al centro dei dibattiti della "Macy Foundation", tra il 1946 ed il 1957, una serie di incontri "trans-disciplinari" che passarono in seguito alla storia con il termine in verità un po' generico ed ormai rrimediabilmente inflazionato di "cibernetica".
Partendo dalla nozione di multi-sistema, ossia la possibilità di applicare allo studio di un sistema e delle sue relazioni con l'ambiente una pluralità di punti di vista a seconda del problema trattato, possiamo capire come la "genericità " della definizione di Hall e Fagen trovò praticamente tutti d'accordo.
Infatti , durante lo sviluppo della cibernetica, emersero con particolare evidenza due posizioni diverse nel considerare sistemi di varia complessità e lo scambio d'informazioni tra loro. J. Von Neumann, interessato più alla teoria degli automi e degli elaboratori digitali, mise l'accento sull'eteronomia del sistema e sulla sua capacità di essere "in-formato" dagli input dell'ambiente che ne determinano gli out-put: in questo modo si stabilisce una corrispondenza tra sistema ed ambiente attraverso una relazione che può essere definita di tipo istruttivo-rappresentazionale.
L'ambiente "istruisce" il sistema in modo che questo sia in grado di "rappresentarlo".
Vediamo in questa concezione un legame stretto con la vecchia epistemologia formale e soprattutto l'intuizione essenziale della mente come elaboratore digitale.
L'architettura dei computer che usiamo ogni giorno è infatti denominata modello sequenziale di von Neumann.
Ora, secondo il teorema di Jacopini-Bohm, tutto quello che un computer di questo tipo può fare consiste nello svolgere tre tipi fondamentali di processo algoritmico:
- a.processo sequenziale, consistente nell'elaborazione, uno dopo l'altro, di una serie di passi dichiaramente prestabiliti, del tipo "passo 1 - passo 2 - passo 3 - ... - passo n";
- b.processo condizionale, la possibilità di "scegliere" un percorso elaborativo piuttosto che un altro in base ad una condizione che può essere verificata o meno, secondo lo schema "se la condizione X è verificata allora segui la strada A; altrimenti segui B";
- c.processo iterativo, capacità di ripetere una procedura finché una condizione è soddisfatta, ossia "finché la condizione è verificata, esegui la procedura e ritorna alla condizione di partenza".
Il modello si chiama sequenziale perché dati ed istruzioni vengono inseriti secondo una sequenza lineare, "impilati" uno di seguito all'altro in base all'ordine d'entrata o di esecuzione.
La scommessa dell'intelligenza artificiale "forte", durante gli anni '60 e '70, fu proprio quella di adottare il "paradigma digitale della mente", secondo il quale la mente umana è una "macchina di carne" (M.Minsky) che può essere emulata da un programma per computer sufficientemente articolato.
Questo vuol dire che la nostra attività di pensiero è riducibile anch'essa ai tre tipi di procedimenti algoritmici che caratterizzano una macchina di von Neumann.
Abbiamo qui a che fare con un ottimo esempio di come si possa scambiare la reale complessità di un sistema (la mente umana) con un'estrema complicazione (l'enorme " groviglio" di procedure che un programma simile, se fosse stato possibile, avrebbe richiesto), a causa di un programma di ricerca inadatto di tipo riduzionista.
Infatti i risultati concreti dell'I.A. "forte" sono stati molto modesti ed hanno sempre riguardato problemi in aree molto ristrette e perfettamente specificabili in ogni dettaglio, come il gioco degli scacchi - nel quale i grandi maestri continuano ad essere di gran lunga superiori ai computer - o alcuni "expert system" in competenze molto limitate.
È chiaro dunque che la mente umana non funziona in questo modo.
Il fallimento delle ambizioni dell'I.A. "forte" è molto istruttivo per la comprensione della mente, poiché ci porta ad alcune considerazioni di cruciale importanza: è impossibile studiare il pensiero "staccandolo" dalla sua storia evolutiva biologica e culturale; è impossibile considerare la mente senza tenere conto del suo "essere con il corpo", in un inscindibile tessuto percettivo-sensoriale-emozionale.
Infine, è impossibile "chiudere" in un singolo sistema formale la complessità ad ogni istante delle inter-relazioni tra sistema ed ambiente, soprattutto quando abbiamo a che fare con sistemi viventi e processi cognitivi, dotati di apertura logica, ossia dove accadono continuamente processi emergenti che producono nuovi codici che pilotano il modo di gestire l'informazione da parte del sistema(il suo dominio semantico).
Caduta così definitivamente la dicotomia cartesiana delle due "res", la mente ci appare piuttosto come una "morbida macchina", non riducibile alle sue attività razionali-algoritmiche.
N. Wiener, interessato alle macchine ma anche alla biologia e più in generale ad un "uso umano degli esseri umani" - come recita il titolo originale del suo famoso "Introduzione alla Cibernetica" (1950) -, mise in evidenza i limiti della concezione di von Neumann, osservando che macchine di quel tipo andrebbero in " tilt" in presenza di paradossi, entrando in cicli ricorsivi senza fine, che sono poi un'espressione dell'halting problem delle macchine di Turing ( non esiste un programma P in grado di valutare se , data la coppia P1,D), con P1 programma e D insieme di dati, il programma terminerà o no).
Passò in seguito ad analizzare gli elementi di novità contenuti nella motrice a vapore di Watt, capace di essere "informata" sui cambiamenti del mondo esterno da un meccanismo di auto-regolazione, e sviluppò quest'ultimo concetto in relazione al gioco stimolo-risposta negli organismi viventi.
La posizione di Wiener si contrapponeva a quella di von Neumann perché centrata sulla nozione di autonomia del sistema rispetto all'ambiente e di come questa autonomia permetteva una "chiusura operazionale" capace di garantire dei processi di auto-adattamento, secondo una visione sistemica molto più adatta allo studio dei sistemi biologici.
Questi ultimi sono infatti sistemi aperti in senso termodinamico e logico, ma non bisogna dimenticare che, come fa notare con esemplare lucidità J. Piaget: "non c'è per la biologia una forma organica rigida portatrice di processi vitali, ma un flusso di processi che si manifestano sotto la specie di forme apparentemente persistenti…".
L'apertura è dunque il sistema degli scambi con l'ambiente, ma ciò non esclude affatto la chiusura nel senso di un ordine ciclico e non-lineare".
I sistemi viventi sono capaci di auto-etero-organizzazione, cioè "rispondono" all'ambiente con modificazioni strutturali del loro assetto interno, in modo altamente non-lineare e generalmente impredicibile.
Teoria di Maturana-Varela-Bateson: i Sistemi autopoietici
È dall'impostazione di Wiener che ha origine la nozione di sistema auto poietico (dal greco 'autos', "da sé" e 'poiesis', "produzione") utilizzata nella teoria di Maturana-Varela-Bateson.
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Immagine - 2 - Francisco Varela(1946-2001)
I sistemi autopoietici sono sistemi dotati di una struttura a rete che connette gli elementi in gioco tramite una gerarchia di anelli di feed-back.
Un sistema di questo tipo è in grado di mantenere la propria configurazione grazie a cicli di auto-rinnovamento e di modificarla attraverso l'emergenza di nuove connessioni nella struttura a rete.
In questo modo si auto-organizza, modificandosi ed al contempo conservando la propria identità .
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Immagine - 3 - Humberto Maturana(1928)
È questo il tipo di struttura di processo che definisce gli organismi viventi e più in generale gli eco-sistemi, dalle forme più antiche e semplici a quelle più recenti e complesse.
I sistemi autopoietici sono in continua relazione dinamica con l'ambiente circostante tramite interazioni ricorrenti e perturbazioni di vario tipo reciproche, un procedere "fianco a fianco" che è detto accoppiamento strutturale, e che prevede distruzione (processi dissipativi) e creazione (emergenza intrinseca, ossia non predicibile a partire dall'analisi degli elementi costitutivi del sistema).
È importante sottolineare la differenza con il modello di von Neumann:
in quel caso l'ambiente forniva degli input di tipo "istruttivo" al sistema, mentre nel caso dell'accoppiamento strutturale è la natura stessa del sistema, in base alla sua peculiare configurazione dinamica a rete ed alle sue "soglie di sensibilità " a "selezionare" gli input dell'ambiente e ad "assestarsi" internamente di conseguenza, in un modo che l'ambiente non può ne' specificare ne' dirigere.
I cambiamenti strutturali interni sono cambiamenti evolutivi; questo modifica profondamente la visione tanto diffusa quanto imprecisa, se non ideologicamente "viziata", dell'evoluzione come un processo di ottimizzazione.
La logica del vivente
Ritornando alle idee originali di Darwin, bisogna invece dire che "ambiente ed organismi co-evolvono" (J. Lovelock).
Nella concezione dell'accoppiamento strutturale è implicita l'idea dell'evoluzione come possibilità di compatibilità tra organismo ed ambiente e tra sistemi diversi.
Nel corso del processo ontogenetico, esiste perciò uno stretto legame tra evoluzione, sviluppo ed apprendimento, poiché i vari livelli gerarchici reticolari di un sistema autopoietico si riconfigurano continuamente sulla base delle strutture interne precedenti.
È qui che entra in gioco una nuova visione della conoscenza.
I processi cognitivi sono gli stessi processi della vita, cioè quelli che permettono alla rete autopoietica di continuare a perpetuarsi attraverso la dinamica dell'accoppiamento strutturale.
Secondo Maturana:
"I sistemi viventi sono sistemi cognitivi ed il vivere in quanto processo è un processo di cognizione. Questa dichiarazione è valida per tutti gli organismi, con o senza un sistema nervoso".
Quella che qui emerge è una visione radicalmente nuova della mente, che viene vista come un aspetto di fatto non-separabile dal più generale processo vitale; è una "qualità " globale del sistema che "emerge" dalla sua complessità interna e dalle possibilità di accoppiamento strutturale con l'esterno.
Secondo questo punto di vista la mente sta al cervello come il processo alla struttura: il sistema nervoso dei mammiferi superiori è una particolare struttura legata ad un certo modo di "farsi" e di "regolarsi" della nostra attività cognitiva, ma non basta a spiegarla se considerato come un sistema a se stante.
La razionalità che tradizionalmente, e cartesianamente, identifichiamo con la mente, ossia la capacità di manipolare concettualizzazioni astratte, è in realtà un prodotto assai recente della nostra storia evolutiva e non sarebbe in grado di rendere conto dell'ampiezza della nostra "apertura cognitiva" nei confronti del mondo non più di quanto non lo sarebbe il famoso "cervello in bottiglia" di Putnam.
Secondo la teoria di Maturana-Varela-Bateson, anche un batterio ha una mente, essendo in grado di avere una sua cognizione volta all'esplorazione dell'ambiente:
è infatti in grado di percepire differenze di concentrazioni chimiche, si allontana dagli acidi e si sposta verso gli zuccheri, è sensibile alle variazioni di temperatura, è in grado di "sentire" la luce e di rilevare la presenza di campi magnetici.
Un risultato importante consiste in una migliore comprensione del perché organismi differenti cambiano in modo differente.
Poiché qui entrano in gioco fenomeni non-lineari e si ha una estrema sensibilità alle condizioni iniziali ed alle fluttuazioni, è evidente che la differenza in questione può anche essere minima.
Due individui della stessa specie, posti nello stesso ambiente, reagiranno diversamente ad una perturbazione; questo evento "innescherà " una biforcazione evolutiva destinata ad "allargarsi" sempre più nel corso dei processi di accoppiamento strutturale, che risulta così l'anello di congiunzione tra sviluppo ed apprendimento.
Entrambi non sono che il risultato dei vari "riassestamenti" stratificati della rete autopoietica.
Lungo la sua storia evolutiva un singolo organismo si troverà ad avere una certa configurazione che costituisce, in tutti i sensi, la sua identità , e comporterà un modo peculiare di "rispondere" agli stimoli.
Si sarà infatti costituita una certa "soglia di sensibilità " in base alla quale il sistema selezionerà certe perturbazioni piuttosto che altre e sceglierà di conseguenza dei percorsi elaborativi invece di altri.
Si viene così a stabilire una "rete semantica" che definisce il dominio cognitivo di ogni sistema autopoietico: questo dominio non caratterizza soltanto quello che ci arriva e come ci arriva, ma anche - e forse in misura maggiore - tutto ciò che non "vediamo" del mondo.
I processi cognitivi
La rete semantica è anch'essa un processo e dunque il dominio cognitivo cambia in continuazione.
Tramite l'utilizzazione delle inter-relazioni e delle perturbazioni nell'accoppiamento strutturale ogni organismo non rappresenta il mondo, ma lo genera continuamente.
È in questo senso che Varela afferma che la mente ed il mondo sorgono assieme: "noi non possiamo "saltare fuori" dal dominio specificato dal nostro corpo e dal sistema nervoso.
Non vi è un mondo salvo quello che sperimentiamo attraverso quei processi che ci sono dati e che ci rendono quello che siamo.
Ci troviamo in un dominio cognitivo, e non possiamo uscire da esso con un balzo, né scegliere i suoi inizi o le sue modalità ".
Viene così re-integrato ad un livello fondamentale l'osservatore nel processo della conoscenza: non si dà alcun "Mondo" indipendente dagli osservatori, bensì un mondo per ogni osservatore.
Questo non significa in alcun modo rinunciare ad ogni forma di elementare e "sano" realismo, ma semplicemente affermare che è impossibile definire nettamente un confine tra conoscenza del mondo e funzionamento della mente; la cognizione è sempre "incarnata" e "situata".
A questo punto il problema cruciale della comunicazione non consiste tanto nella costruzione di isomorfismi tra diverse rappresentazioni del mondo, ma di capire come si producano visioni diverse e che tipo di compatibilità è tra loro possibile.
Va poi ricordato che c'è un "limite superiore" naturale al solipsismo; mutui accoppiamenti strutturali tra sistemi diversi fanno si che ogni sistema possa in una certa misura partecipare al mondo dell'altro.
Se è vero perciò che in effetti ogni osservatore è il processo della conoscenza, è pure vero che questa si configura come un' ecologia di mondi tra osservatori diversi.
Negli organismi più complessi, poi, intervengono i comportamenti linguistici a rendere più vincolante la condivisione dei mondi individuali.
Superando ogni divisione drastica tra mente e corpo, sviluppo ed apprendimento, razionalità ed emotività , nella teoria di Maturana-Varela-Bateson l'intelligenza si presenta come la ricchezza e la flessibilità del proprio accoppiamento strutturale con l'ambiente, un'apertura alla Realtà che non può essere pensata in modo puramente intellettuale ma implica necessariamente una più ampia dimensione percettiva e sensoriale.
Se nella concezione tradizionale dell'epistemologia l'informazione, attraverso una serie ben specificata di procedimenti, veniva "presa" dal mondo ed andava poi a costituirne una rappresentazione la cui ambizione era quella di essere una "fotografia" del mondo, nella visione di Maturana-Varela-Bateson si ha la situazione esattamente inversa: ogni dominio cognitivo, ad un momento del suo sviluppo, è una rappresentazione del mondo peculiare del sistema ed è entro questa rete semantica che le perturbazioni esterne diventano informazioni ed assumono una valenza significativa.
Non può esistere perciò una fotografia del mondo, magari scattata dalla prospettiva di Dio, ma una galleria di quadri della Realtà , ciascuno diverso dall'altro, con soggetti, colori, prospettive e stili estremamente diversificati: un paradigma "artistico" della conoscenza.
La teoria di Maturana-Varela-Bateson si è dimostrata feconda in molte aree, sia per dare un significato nuovo a dati e campi che sembravano già "stabilizzati", in accordo con gli stessi assunti di "riassestamento strutturale" delle reti autopoietiche della teoria, sia nell'acquisire nuove conoscenze e prospettive di ricerca: scienze neurologiche e cognitive, teoria dell'evoluzione, ecologia, economia, immunologia.
In quest'ultima si è potuta definire una nuova immunologia cognitiva che ha permesso di studiare nella sua globalità la rete psicosomatica come struttura tri-sistemica nella quale sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario sono strettamente interconnessi da processi di auto-organizzazione mediati dai peptidi che agiscono da vettori d'informazione e da agenti regolatori.
Questo ha aperto nuove frontiere nella comprensione di molte malattie, tra cui quelle auto-immuni come l'AIDS, e più in generale ci sta conducendo verso una nuova visione della salute come una dinamica di processi compatibili tra "mente diffusa" e "corpo di significati."
La Coscienza
Ci limiteremo in questa sede a ricordare alcuni risultati particolarmente interessanti sulle questioni del linguaggio e della coscienza.
Come risultato dell'attività cognitiva, una seppur rudimentale consapevolezza dell'ambiente è comune in ogni forma di vita.
La consapevolezza di se stessi, la coscienza, è invece legata alle menti delle forme più complesse ed alla loro capacità di "pilotare" in qualche modo il proprio accoppiamento strutturale.
Si nasconde qui lo spinoso problema della libertà e del determinismo, che è talmente importante per il senso d'identità e di autonomia di ognuno di noi che è ingenuo pensare ad una qualunque teoria che possa mettere d'accordo.
Secondo la teoria esaminata, la libertà individuale, qualunque cosa sia in ultima analisi, si "nasconde" in quella regione delimitata da una parte dalle perturbazioni dell'ambiente e dall'altra dal livello di non-linearità dei complessi emergenti che ci permettono di "tirar fuori" una risposta.
Resta il fatto che i sistemi più complessi sembrano essere in grado di "orientare" il loro accoppiamento strutturale creando delle coordinazioni comportamentali con altri sistemi.
Questa capacità è definita comportamento linguistico, che è una forma particolarmente raffinata di accoppiamento strutturale, pur non essendo ancora linguaggio vero e proprio.
Per vedere più da vicino la differenza tra comportamento linguistico e linguaggio può essere utile ricorrere ad alcuni esempi.
Consideriamo i famosi cani di Pavlov, nei quali la salivazione veniva indotta dal suono di una campanella che precedeva sempre l'arrivo del cibo.
Questo è un esempio di comunicazione linguistica innescata dallo sperimentatore.
Supponiamo adesso che il cibo non arrivi.
A questo punto il cane potrebbe abbaiare per "lamentarsi" del mancato risultato del gioco stimolo-risposta.
Tutti questi sono comportamenti linguistici legati ad interazioni ricorrenti di mutuo accoppiamento tra cane e sperimentatore.
Il linguaggio è invece una comunicazione sulla comunicazione, ossia un'ulteriore coordinazione di comportamenti linguistici.
Nella situazione presa ad esempio il linguaggio interverrebbe se il cane dicesse: "Hai suonato il campanello e non è successo niente, ho anche abbaiato per lamentarmi; sai dirmi dov'è finito il mio cibo?".
Perché questa situazione possa prodursi è necessario un codice che agisca da meta-linguaggio, un "ponte" tra due domini semantici.
Va detto anche che i comportamenti linguistici possono essere in parte frutto del bagaglio genetico ed in parte appresi, come nel caso del volo delle mosche e delle api.
Tutte le api si scambiano informazioni attraverso comportamenti collettivi dello sciame, però api di alveari diversi usano configurazioni "dialettali" diverse.
Per gli esseri umani è tuttora questione controversa quanto del linguaggio sia di origine genetica o culturalmente appreso; le osservazioni sulle scimmie antropomorfe suggeriscono che esista una sorta di predisposizione genetica pronta a "scattare" in opportune condizioni ambientali e sociali.
Tra tutte le reti autopoietiche il linguaggio umano sembra mostrare le più ricche possibilità di sviluppo attraverso la capacità di operare quelle che Bateson chiamava "distinzioni di distinzioni di distinzioni...in una gerarchia di tipi logici".
Grazie alla capacità di astrazione e di manipolazione concettuale siamo in grado non soltanto di generare mondi sempre più raffinati, ma anche di comunicarli agli altri.
I comportamenti linguistici ed il linguaggio sono legati al tentativo di controllare e dirigere il proprio accoppiamento strutturale con l'esterno: questa è una manifestazione di auto-consapevolezza. Coscienza e linguaggio, e più in generale consapevolezza e comportamenti linguistici, sono dunque connessi ad un livello molto profondo.
L'idea della coscienza come accoppiamento strutturale con se stessi è stata sviluppata da F. Varela nei suoi ultimi studi.
Il risultato chiave consiste nell'associare agli stati esperienziali particolari configurazioni neuronali con un certo "tempo di rilassamento".
Ciò ha permesso di impostare secondo un modello formale la distinzione tra conscio ed inconscio tipica delle psicologie del profondo. Inoltre la coscienza primaria, comune a tutti i mammiferi superiori, non è legata ad un'area specifica, ma ad una caratteristica e persistente configurazione di comportamenti oscillatori sincronizzati, come una sorta di "clock" cerebrale.
La coscienza appare così connessa anche alla nozione di "tempo interiore".