Ritrovato a Dikika in Etiopia lo scheletro di una bambina di Australopithecus Afarensis. Il reperto risale a 3.3 milioni di anni fa ed è praticamente completo. La "bambina di Lucy" come è già stata ribattezzata dalla stampa internazionale, fornirà preziose informazioni sullo sviluppo e la crescita della specie e potrà contribuire a chiarire i dubbi sul repertorio motorio delle Australopitecine.
Nella paleoantropologia, la scienza che studia l’evoluzione della nostra specie, i reperti ossei sono rari e preziosi. Ma ancora più raro è trovare lo scheletro di un individuo giovane.
Le fragili e delicate ossa dei bambini raramente si sono conservate fino a noi, ma, quando questo succede, possono fornire informazioni critiche sullo sviluppo di quella specie e, indirettamente, sulla sua evoluzione.
Fino ad ora solo per il Neanderthal erano disponibili un numero significativo di reperti relativi a bambini.
Per trovare un rinvenimento di un Australopitecina così giovane occorre andare indietro nel tempo fino al 1924, al bambino di Taung, un Australopitecus Africanus scoperto da alcuni operai di una cava in Sud Africa.
E’stato solo grazie ad un lavoro paziente e tenace di scavi cominciati nel 2000 che Zeresenay Alemseged, del Max-Planck-Institute for Evolutionary Anthropology, di Leipzig, Germania, ha potuto riportare alla luce questo reperto eccezionale.
Nel suo ultimo numero, la rivista Nature riporta la descrizione dei resti ossei da parti di Zeresenay Alemseged ed anche, in un altro articolo firmato da Jonathan J. Wynn della Scuola di Geografia e Geofisica dell’Università di St Andrews, in Scozia (UK), la caratterizzazione geologica del contesto del ritrovamento.
Immagine - 1 - Ricostruzione delle possibili sembianze di un Australopitecina. Scultura di Toni Wirts ©Wikipedia, the free encyclopedia
All’eccezionalità della scoperta contribuisce il fatto che lo scheletro è pressoché completo. Si pensi ad esempio che presenta quasi tutti i denti decidui e che, con la tomografia computerizzata, sono state messe in evidenza perfino le corone dei primi molari.
Particolarmente interessante è il ritrovamento dell’osso ioide, una struttura che contribuisce a formare il pavimento della bocca.
L’osso presenta una morfologia simile a quella del gorilla.
Ciò potrebbe implicare la presenza anche nelle Australopitecine, come nella grande scimmia africana, di sacche aeree.
Le sacche aeree sono delle espansioni della laringe presenti in molti primati e coinvolte nella produzione dei richiami vocali.
Funzionano probabilmente da casse da risonanza ma, secondo alcune recenti teorie, consentono un riciclo dell’aria durante le vocalizzazioni più lunghe, in modo da impedire che l’animale si iperventili.
Nell’uomo, grazie ad un più raffinato controllo della respirazione durante la fonazione, sarebbero diventate superflue e conseguentemente scomparse.
Per quanto riguarda la datazione dei reperti, non vi sono dubbi sulla collocazione nel Pliocene, 3.3 milioni di anni fa. Più problematico è attribuire un età cronologica al bambino, poiché non esistono in pratica punti di riferimento.
L’unico paragone possibile è stato quello dello sviluppo dei denti permanenti con quello di giovani scimpanzé ed esseri umani. Si tratta quindi di una stima necessariamente approssimativa.
Le Australopitecine sono vissute esclusivamente in Africa in un periodo compreso tra i 4 ed i 3 milioni di anni fa.
Il ritrovamento più famoso è senz’altro quello di "Lucy", avvenuto in Etiopia nel 1974. Le Australopitecine non fanno parte del genere Homo a causa di caratteristiche anatomiche ancora vicine a quelle delle grandi scimmie antropomorfe africane.
E’ comunque ormai assodato che camminavano erette sulle gambe.
Il bipedalismo è stato confermato dalla spettacolare scoperta nella piana del Serengeti, in Tanzania, di una doppia serie di impronte risalenti a 3,6-3,8 milioni di anni fa.
Le impronte furono trovate da Mary Leakey nel 1978 e rappresentano una sorta di istantanea della preistoria: tre australopitecine camminano insieme sulla cenere caduta dopo una recente eruzione … una si ferma per un attimo e si volta indietro, forse per un ultimo sguardo al vulcano ancora in attività.
Quello che resta da chiarire sulla locomozione dell’Australopithecus è se, a seguito delle modificazioni anatomiche necessarie per l’andatura bipede, avesse perso la capacità di arrampicarsi e muoversi sugli alberi tipica delle scimmie, vale a dire se le due modalità di movimento, camminare a terra o lanciarsi da una ramo all’altro, fossero mutuamente esclusive.
Immagine - 2 - La copertina di Nature dedicate al ritrovamento del bambino di Dikika ©Nature.com
Il bambino di Dikika, mostrando in che modo la struttura ossea si sviluppava nell’infanzia, fornirà preziose informazioni al riguardo.
I ricercatori hanno studiato in particolare la scapola, gli arti ed il canale semicircolare.
La struttura dei piedi, degli arti inferiori e la conformazione dell’orecchio interno, l’organo dell’equilibrio … tutto conferma l’andatura bipede.
Se si osserva la metà superiore del corpo però si trovano una scapola simile a quella del gorilla e falangi lunghe ed incurvate, adatte alla prensione dei rami.
Difficile è interpretare questa dicotomia già osservata negli esemplari adulti di Australopithecus: una parte inferiore adattata alla locomozione bipede combinata con una parte superiore per molti aspetti ancora simile a quelle della scimmie antropomorfe.
Secondo alcuni paleoantropologi le caratteristiche arcaiche della parte superiore del corpo sarebbero un residuo vestigiale privo di significato funzionale.
Secondo altri l’australopithecus afarensis avrebbe invece mantenuto in qualche misura abitudini arboree.
Quale che sia la teoria più corretta, il ritrovamento di Dikika presenta enormi potenzialità nello studio dell’evoluzione e dello sviluppo delle Australopitecine.
Bibliografia
Alemseged Z. et al., A juvenile early hominin skeleton from Dikika, Ethiopia, Nature, 443:297-231, 2006;
Hewitt G. et al., The Functions of Laryngeal Air Sacs in Primates: A New Hypothesis, Folia Primatol, 73:70–94, 2002;
Wynn JG. et al., Geological and palaeontological context of a Pliocene juvenile hominin at Dikika, Ethiopia, Nature, 443:332-336, 2006.
Sitografia
Australopithèque - Wikipédia - L'Encyclopédie libre http://fr.wikipedia.org/wiki/Australopith%C3%A8que
Nature www.nature.com/nature/index.html
Talk.Origins Archive: Exploring the Creation/Evolution Controversy www.talkorigins.org
Tanzania National Parks www.simbaeastafricansafari.com/tanzania.htm
Max Plank Institute Leipzig www.eva.mpg.de
The University of St Andrews
www.st-andrews.ac.uk