Darwinius maxillae (Ida): “anello mancante” o “binario morto”?
Lo scorso mese di Giugno veniva annunciata la scoperta di un fossile di primate perfettamente conservato e risalente a 47 Milioni di anni fa: Ida (il nome scientifico è in realtà Darwinius maxillae). La pubblicazione scientifica, firmata da un gruppo di studiosi tedeschi, statunitensi e norvegesi, è stata affiancata da una campagna mediatica senza precedenti, volta a dipingere Ida come il fossile più importante degli ultimi 47 milioni di anni, definendolo con termini sensazionalistici come "missing link" e "ancestor of us all".
Ida è il rappresentante di una famiglia estinta di primati simili ai lemuri, nota come Adapidi.
La grande campagna mediatica si era basata sul fatto che gli scopritori di Ida interpretano le sue caratteristiche morfologiche come indice di un legame di parentela non alla base del ramo evolutivo delle “Proscimmie” (i lemuri e simili), ma piuttosto a quella degli “Antropoidi” il sottordine dei Primati che include Platirrine (le scimmie dell’America meridionale) e Catarrine (in cui sono compresi i cercopitecoidi – macache e babbuini – e le scimmie antropomorfe - e quindi anche l’uomo).
Ida sarebbe dunque il primate più antico identificabile sulla nostra linea evolutiva.
In realtà la descrizione scientifica di Ida non portava forti prove a sostegno delle affermazioni riportate dai media, che sono apparse un’operazione meramente commerciale, pianificata con una strategia francamente insolita in questo ambito scientifico: in contemporanea alla pubblicazione su PLoS ONE (rivista open access di alto impatto, consultabile e scaricabile dal sito http://www.plosone.org/article/info:doi/10.1371/journal.pone.0005723) è uscito un libro divulgativo (“The Link: Uncovering Our Earliest Ancestors”), ed è stato annunciato addirittura un film/documentario (il tutto pubblicizzato su un sito web dedicato, www.revealingthelink.com, che vale la pena di essere visitato per avere una idea di quanto effettivamente si sia “investito” su questo fossile).
A pochi mesi da questo evento paleontologico-mediatico, nuovi fossili recuperati in depositi di 37 milioni di anni in Egitto consentono ai paleontologi di meglio definire la posizione di Ida nell’albero genealogico dei Primati.
Afradapis longicritatus (il nuovo fossile dal Fayoum, nel Sahara egiziano, descritto da un gruppo coordinato da Eric Seiffert della Stony Brook University) non è completo come Darwinius, ma gli abbondanti resti di denti e di parti dello scheletro consentono una analisi molto dettagliata.
Afradapis non ha un soprannome, e non ha avuto, come invece è toccato a Ida, un suo logo su Google.
Ciò nonostante, lo studio pubblicato su Nature lo scorso mese di ottobre mostra che Afradapis e Darwinius sono Adapidi molto specializzati nei loro adattamenti dentari; lontani sia dagli antenati dei lemuri sia degli antropoidei, rappresentano un gruppo di primati arcaici dell’Eocene estinto senza lasciare discendenti.
Sicuramente il dibattito scientifico sulle origini degli antropoidea non si esaurisce qui: nuove analisi e nuovi fossili porteranno sicuramente a modificare la nostra conoscenza sulle tappe del percorso evolutivo dei primati eocenici.
Quale sarà la posizione che Darwinius, Afradapis e i molti primati arcaici dell’inizio del Terziario occupano nel nostro albero evolutivo non sarà comunque determinato dal rumore di roboanti campagne mediatiche ma piuttosto dal rigore delle analisi scientifiche dei paleontologi.
Sitografia:
Seiffert Lab http://www.anat.stonybrook.edu/eseiffert/research.html
Stony Brook University http://www.stonybrook.edu/