Shakespeare scrisse che "la bellezza attira il ladro più dell'oro", ma ben prima di lui, fin dalla preistoria, gli uomini e, soprattutto, le donne sono sempre stati consci di questo assioma.
Così, ad esempio, visitando la mostra I tesori della steppa di Astrakan , lo scorso anno, a Roma, si potevano ammirare i gioielli che quei popoli, pur in difficili condizioni climatiche, forgiavano con cura ed arte insieme a piccoli contenitori per polveri che erano le antenate delle nostre ciprie ed ombretti.
Al Castello Sforzesco , a Milano, tra le varie collezioni che compongono le Civiche Raccolte Archeologiche, troviamo quella dedicata a Golasecca, dal nome del luogo di ritrovamento, nei pressi di Varese, e possiamo notare, sì, armi ed attrezzi da lavoro, ma, accanto a scodelle ed aghi, tra gli utensili propriamente femminili, anche rudimentali specchi, a dimostrazione che la cura del corpo, anche tra i primitivi gruppi sociali, non era affatto un fattore secondario.
Al giorno d'oggi, i cosmetici si basano su formulazioni chimiche o si rifanno alla natura ed il loro uso è sempre più diffuso in ogni parte del mondo, pur se con tensioni verso canoni estetici diversi da paese a paese.
Lo stesso Leonardo da Vinci, basandosi sull'osservazione di numerosi volti europei, stabilì le proporzioni ideali per una bellezza davvero perfetta, smentite, poi, implicitamente da Baudelaire, che affermava, invece, che "l'irregolarità è il segno caratteristico della bellezza".
Seguissero o meno dei canoni specifici e quali essi fossero, nelle tombe etrusche è facile ritrovare tracce di oggetti per la cura del corpo.
Tra le prime testimonianze dell'uso dei cosmetici, bisogna evidenziare che, già nel 3500 a.C. , gli Antichi Egizi , compresi gli uomini, ne facevano largo uso per definire ed accentuare i loro tratti , soprattutto per far risaltare occhi e sopracciglia e, inoltre, coprivano il loro corpo di unguenti profumati a base di timo, origano , mirra, incenso, olio di oliva:
tutti ingredienti che i sacerdoti conservavano in vasi di alabastro, poiché non servivano solo per rilassanti massaggi, ma erano usati anche nei processi per la mummificazione.
Più o meno lo stesso tipo di belletti erano conosciuti anche dai Mesopotamici.
Nel 1500 a.C., in Cina ed in Giappone, dove, da sempre, c'è il culto della pelle diafana, si usava la polvere di riso per rendere il colorito del viso uniforme e trasparente come una delicata porcellana bianca.
Su tale scia, anche le gheishe, più tardi, con paste e polveri che rendevano bianchissima la loro carnagione, creavano un contrasto quasi scenografico col rossetto ottenuto con petali di cartamo e zafferano schiacciato, col nero dei capelli e col rosso usato per definire il contorno degli occhi.
Anche tra le classi elevate dell'antica Grecia una carnagione chiara era segno di distinzione e si otteneva spalmando sul viso gesso o bianca polvere di piombo.
Immagine - 2 - Ritratto di una geisha
Stendevano, poi, sulle loro palme, hennè rosso: il tutto per apparire più giovani.
Il loro concetto di perfezione fisica era modellato su quello delle divinità dell'Olimpo.
Nel 100 d.C. Plauto scriveva che una donna senza colori è come un cibo senza sale.
I Romani usavano farina d'orzo per nascondere le imperfezioni e creavano smalti per unghie con sangue mischiato a grasso di pecora.
Gli uomini tendevano a schiarire i loro capelli, mentre le donne li coloravano rosso fuoco.
I Romani furono, comunque, nella loro ricerca estetica, molto influenzati dagli usi dei popoli greci ed orientali, che andavano conquistando e si pubblicarono anche dei veri e propri manuali di bellezza.
Col Cristianesimo e la conseguente esaltazione dei valori spirituali, la cura del corpo viene vista come un peccato e, quindi, come un comportamento da evitare, dedicando, invece, attenzione maggiore all'anima.
L'aspirazione al candore, riflesso nella pelle, ma, anche, nei capelli, ritorna prepotentemente nel Medioevo , sulle ali della donna angelicata esaltata dalle romanze dell'amor cortese e c'è la corsa per rendere più gentile il proprio aspetto, sbiancando il viso con limone, aceto, allume e biacca e tingendo di biondo i capelli.
Pur con alterne vicende e con metodi che, a volte, sono stati gli antesignani degli attuali nostri trattamenti di bellezza, altre volte, invece, sono quanto di più lontano dalle moderne concezioni, le donne hanno sempre cercato colori pieni e sofisticati per abbellirsi.
Citando, ancora, Baudelaire ,: "La donna è nel suo diritto e in un certo qual modo compie una specie di dovere industriandosi di apparire magica e soprannaturale; bisogna che stupisca, che affascini; idolo, ella deve dorarsi per essere ammirata"?.
Bibliografia
Enciclopedia Larousse; http://www.larousse.fr/encyclopedie.