Lo sviluppo sostenibile: una sfida per il progresso dell'umanità


    The Energy Challenge, la sfida energetica: questo il tema della Third World Conference "The Future of Science" tenutasi a Venezia, sull'isola di San Giorgio Maggiore, alla Fondazione Giorgio Cini dal 19 al 22 settembre scorsi.

    Third World Conference - The Energy Challenge

    L'evento, organizzato dalla Fondazione Umberto Veronesi e dalla Fondazione Silvio Tronchetti Provera, si è svolto a pochi giorni dalla conferenza mondiale dell'ONU di New York sul clima.

    In questa occasione, scienziati e studiosi presenti all'eccezionale appuntamento, assieme ai due premi Nobel per la fisica Carlo Rubbia e Zhores Alferov, hanno stilato e sottoscritto un documento la Venice Energy Charter - nel quale l'energia viene definita il motore del progresso.

    Un progresso il cui costo è estremamente elevato sia in termini di consumi energetici che di inquinamento del pianeta. Secondo le agenzie internazionali sull'energia, entro il 2030 la richiesta energetica a livello mondiale aumenterà del 50% rispetto a quella attuale, con un conseguente aumento di emissioni di CO2.

    A livello planetario, quindi, gli obiettivi principali per i prossimi anni dovranno essere la riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell'atmosfera, causa del surriscaldamento del pianeta, e l'incremento nell'utilizzo delle fonti energetiche alternative, in primis quella solare e quella ricavata dall'atomo.

    Tutto ciò dovrebbe avvenire senza compromettere il progresso dell'umanità: è lo "sviluppo sostenibile", una sorta di ossimoro, dai più considerato quasi uno slogan.

    Tuttavia è un tema di rilevanza cruciale per le generazioni future, un problema la cui soluzione non può essere rimandata ma che, invece, va trovata oggi, attraverso investimenti ingenti ed urgenti.

    Così ha affermato il Prof. Ignazio Musu, docente di Economia politica all'Università Ca' Foscari di Venezia e chairman della prima sessione dell'ultima giornata della conferenza: «Sviluppo sostenibile significa evitare che la sfida energetica e il suo impatto sull'ambiente blocchi lo sviluppo dell'umanità».

    Il problema della riduzione dei gas serra

    L'abbattimento delle emissioni di CO2 rappresenta un traguardo estremamente complesso da raggiungere.

    Sono necessarie tecnologie molto costose ed è indispensabile raggiungere un accordo a livello planetario tra i maggiori "produttori" di anidride carbonica con l'obiettivo di ridurre le emissioni dell'80% entro il 2050.

    Secondo i dati proiettati durante la relazione del Prof. Joachim Schnellnhuber, i paesi maggiori produttori a livello procapite di anidride carbonica, sono quelli che, paradossalmente, meno risentono degli effetti negativi delle emissioni di gas serra, a carico invece dei Paesi meno inquinanti.

    Consapevole di ciò e della necessità  di una "democrazia delle emissioni", la Germania, in anticipo rispetto agli altri paesi dell'Ue e con ampio sostegno dell'opinione pubblica, ha deciso di ridurre le emissioni del 40% entro il 2020, raddoppiando così il target stabilito dall'Unione.

    In realtà, gli scienziati affermano che per eliminare l'anidride carbonica presente oggi nell'atmosfera servirebbero almeno mille anni, ma il "trading delle emissioni", ovvero lo scambio nei diritti alle emissioni di CO2, è la direzione verso la quale andare, l'orientamento che ha trovato concordi tutti i relatori della terza Conferenza mondiale sulla scienza: è necessario fare in modo che i Paesi percepiscano un vantaggio economico nella riduzione delle emissioni di CO2.

    Sarebbe difficile, altrimenti, per Paesi come Cina o India accettare politiche energetiche ed ambientali che implichino un limite al loro attuale e prepotente sviluppo economico.

    Per questo l'integrazione tra modelli climatici e situazioni economiche regionali è la condicio sine qua non per raggiungere un'efficace politica di riduzione delle emissioni, senza la quale anche la stessa efficienza energetica poco può fare.

    Già  oggi vediamo come l'inarrestabile ascesa del prezzo del petrolio non riesca a far diminuire i consumi e dunque la produzione di CO2.

    Sono necessari quindi investimenti nella ricerca di una tecnologia che porti ad uno sviluppo sostenibile, ma non bastano gli attuali 10 milioni di dollari, ne servono molti di più, e servono ora.

    Nella sua relazione, il Prof. Carlo Carraro, direttore di ricerca alla fondazione "Enrico Mattei", ha sottolineato sia questo aspetto sia soprattutto come dagli anni '80 in poi la spesa storica in R&D sia andata declinando a causa dell'aumento dell'uso del petrolio.

    Non si è dunque investito in ricerca di nuove fonti energetiche e anche la tecnologia oggi più all'avanguardia non è sufficiente a ridurre le emissioni: «Se solo il 2% della carbon tax, così come i soldi che derivano dal risparmio energetico, venissero destinati alla ricerca sulle rinnovabili» ha aggiunto il nobel Carlo Rubbia, «cambierebbero moltissime cose».

    Viene poi ribadita da più parti la necessità di un accordo globale seppur su basi regionali, perché se è vero che i paesi non sono disposti a sottoscrivere un protocollo che li penalizzi, è anche vero che ognuno di essi, in accordo con gli altri, può essere disposto a dare il proprio contributo.

    Per questo servono gli incentivi economici, la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e gli investimenti in tecnologia per l'utilizzo di fonti alternative.

    L'Europa: non solo una realtà politica

    Lo scenario emerso nel corso della conferenza è quello di un'Europa "energetica" dove l'interazione tra le varie fonti rappresenterà la carta vincente il futuro.

    Se nell'Europa del nord vi sono grandi risorse che derivano dall'energia eolica, in quella centrale ci si affida soprattutto a quella delle biomasse e dell'elettricità , mentre le potenzialità dell'energia solare potrebbero essere sfruttate nell'Europa del sud.

    Solo un'integrazione tra queste tre "fasce" potrà permettere al nostro continente un approvvigionamento energetico sicuro, rendendo altresì indipendente l'Europa dal petrolio e dal gas naturale, i cui produttori sono perlopiù paesi politicamente molto instabili.

    L'energia dell'atomo tra fissione e fusione

    Il nucleare è quell'energia che a partire dagli anni '60, soprattutto nell'opinione pubblica tedesca, avrebbe affrancato l'umanità dalla dipendenza dal petrolio.

    «L'era del nucleare era vista come l'era della pace» constata lo storico dell'Harvard University David Blackbourn.

    In realtà , «solo un'élite pensava questo, mentre la maggior parte della popolazione associava l'energia nucleare alla bomba atomica».

    Ogni fonte energetica, infatti, ha catturato l'immaginario ad essa contemporaneo e spesso, la simpatia che una fonte riscuote rispetto ad un'altra è in gran parte dovuta ad una politica strumentale a determinati interessi.

    Oggi, ad esempio, la preoccupazione della fine delle scorte di petrolio o, per contrasto, l'impatto paesaggistico che può avere un impianto eolico, ha fatto sì che il nucleare venga percepito positivamente nell'immaginario collettivo di molti Paesi.

    La produzione di energia attraverso la fissione dell'atomo determina tuttavia il ben noto problema delle scorie nucleari, che di fatto è ora irrisolvibile, ma per il quale si stanno conducendo numerosi esperimenti negli Stati Uniti, dei quali ha riferito nella sua relazione il Prof. Maurizio Cumo dell'Università "La Sapienza" di Roma.

    Inoltre, anche la fusione nucleare potrebbe diventare una realtà  energetica d'impatto, sebbene siano necessari ancora molti sforzi per riuscire a riprodurre sulla terra l'energia che ha alimentato il nostro sole per oltre due miliardi di anni e poterla poi sfruttare a livelli industriali.

    Tuttavia, in una visione ottimistica, il progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor), presentato dal suo responsabile Jean Jacquinot, costituisce una collaborazione a livello internazionale senza precedenti coinvolgendo direttamente o indirettamente 33 nazioni che rappresentano più della metà della popolazione mondiale e potrebbe quindi costituire un esempio di collaborazione anche per altri tipi di energie.

    Le infrastrutture verso le energie alternative: una transizione difficile

    L'inversione di tendenza, il passaggio da un'economia basata sul carbonio ad una basata sulle energie alternative, in particolare sul sole, sarà  sicuramente molto lunga e difficile.

    Nella sua relazione, il Prof. Vaclau Smil ha evidenziato come una nuova fonte energetica impieghi almeno sessant'anni prima di iniziare a prevalere sulle altre.

    Questo avvenne anche per il petrolio, che soltanto nel 1905 iniziò a rappresentare il 5% della produzione di energia a livello mondiale e dovette attendere il 1965 per arrivare a superare il consumo di carbone.

    Il problema più difficile da affrontare è rappresentato dalle infrastrutture: lo studioso le ha definite come le "creazioni più inerti per il cambiamento nell'uso delle fonti energetiche".

    Come prolungare la vita di centrali nucleari già  vecchie? Chi vorrebbe una raffineria vicino alla propria casa? Come superare, quindi, il problema del NYMB? Quanti investimenti ancora servono per la costruzione di nuove pipeline per l'erogazione del gas naturale?

    Le infrastrutture sono costose e necessitano di tempi lunghissimi per adattarsi alle esigenze attuali del nostro pianeta che, almeno fino alla metà  del XXI, secolo continuerà ad attingere al petrolio come principale fonte energetica.

    I tempi del progresso e quelli dell'umanità 

    Ma quando gli uomini saranno veramente pronti ad affrontare la sfida energetica? Probabilmente, quando non sarà più possibile rinviarla, quando l'umanità si troverà con le spalle al muro e non potrà più esitare.

    Lo stesso ministro dell'Interno, Giuliano Amato, alla conferenza ha dichiarato apertamente come il problema ambientale ed energetico non rappresenti la priorità dell'odierna agenda politica.

    Questo perché, purtroppo, mancano leader in grado di portare l'argomento nella lista delle priorità .

    Inoltre, un problema così delicato richiede un approccio a livello planetario che, nella realtà dei fatti, sembra estremamente difficile da realizzare.

    In ogni caso, la soluzione da perseguire per affrontare la sfida più importante dei prossimi decenni è l'investimento in tecnologie per ridurre le emissioni di gas serra e l'utilizzo di un mix di energie: sole, vento, biomasse, gas naturale, lentamente e in parte, sostituiranno l'energia elettrica, nucleare, del petrolio e del carbone.

    Una sfida planetaria nella quale tutti i paesi, con importanza e responsabilità diverse, dovranno partecipare.

    Questa conferenza, ha concluso Umberto Veronesi, «ha restituito un'immagine realistica della situazione attuale e una previsione obbiettiva delle possibilità per il futuro. Non ha dato soluzioni eclatanti ma sicuramente concrete»: ed è quello che si aspettano le generazioni che verranno dopo di noi, perché tutti dovremmo essere disposti a pagare, oggi, un prezzo più alto per il nostro benessere per garantire quello di chi verrà dopo di noi.

    24/09/2007

    Sitografia

    Venice Energy Charter - PDF file, 89Kb english language www.thefutureofscience.org/images/pdf/cartavenezia.pdf

    The future of science www.thefutureofscience.org

    The Future in our Hands: Addressing the Leadership Challenge of Climate Change UN Headquarters, New York, 24 September 2007 www.un.org/climatechange/2007highlevel/