Il cammino verso l'energia da fusione nucleare


    23/06/2008 [21:00:08 +0200] La crescita della popolazione e l'aumento dei consumi pro capite richiedono l'utilizzo di fonti energetiche nuove, in grado di integrarsi alle fonti già in uso e sostituire gradualmente i combustibili fossili.

    Autori:

    Dr. Enzo Lazzaro, direttore dell'Istituto di Fisica del Plasma del CNR Dr. Paola Platania, ricercatrice dell'Istituto di Fisica del Plasma del CNR

    La ricerca sulla fusione nucleare ha l'obiettivo di rendere disponibile una sorgente di energia inesauribile, rispettosa dell'ambiente, sicura ed economicamente competitiva. Le conoscenze attuali sono mature per affrontare investimenti e rischi per la realizzazione del primo reattore.

    Oltre al giusto impiego e all'ottimizzazione delle fonti di energia già utilizzabili (come ad esempio, le energie rinnovabili e non nocive all'ambiente e le centrali a fissione nucleare), occorre investire anche nello sviluppo e nella realizzazione di nuove sorgenti ad alta densità di energia e rispettose dell'ambiente, che potrebbero essere disponibili nei prossimi decenni, a favore delle generazioni future.

    Sono queste le prospettive dei reattori di nuova concezione basati sulla fusione nucleare, di cui è stata dimostrata la validità  scientifica. Tali reattori sfruttano un processo molto efficiente dal punto di vista energetico e privo di scorie pericolose.

    E' perciò importante rendere noto il lavoro e il progresso raggiunti finora dalla ricerca sulla fusione nucleare, proprio nel momento in cui, in Europa, viene avviata la costruzione del primo reattore sperimentale, ITER.

    La possibilità di provocare in modo controllato i processi di disintegrazione (fissione) e di sintesi (fusione) dei nuclei di alcuni elementi e di ricavarne energia è stata una delle scoperte epocali del '900.

    La rottura per fissione di elementi pesanti in elementi più leggeri o la sintesi per fusione di nuclei leggeri in nuclei più pesanti libera una enorme quantità netta di energia, pari alla differenza di massa tra i nuclei originari e quelli risultanti, moltiplicata per c2 (c=300.000 km/s è il valore della velocità  della luce nel vuoto).

    Il processo di fissione avviene con minima energia d'innesco ed è in grado di liberare energia nei reattori in modo controllato.

    I prodotti della rottura di un atomo pesante (Uranio o Plutonio) sono scorie che rimangono radioattive per lunghissimo tempo (anche migliaia di anni) e perciò, anche se di volume limitato, sono difficili da immagazzinare e da smaltire.

    La fusione di nuclei leggeri richiede invece una grande quantità di energia di attivazione per avvicinare i due nuclei, che sono entrambi carichi positivamente e si respingono a causa della forza elettrostatica.

    Se due nuclei raggiungono distanze dell'ordine della dimensione dei nuclei stessi, la forza nucleare forte, attrattiva tra nucleoni, supera quella elettrostatica e rende possibile il processo di fusione.

    Schema reazione nucleare di fusione

    Figura 1 La reazione nucleare di fusione tra un nucleo di Idrogeno pesante (Deuterio, 2H o D) e un nucleo di Idrogeno superpesante (Trizio 3H o T). Nella reazione vengono prodotti un nucleo di Elio (4He) e un neutrone ad alta energia.

    La reazione di fusione tra due isotopi dell'Idrogeno, il Deuterio e il Trizio (D+T) è la più accessibile, pur richiedendo temperature vicine a 200 milioni di °C(Fig.1).

    A queste temperature gli elementi D e T si trovano allo stato di plasma(1).

    Mentre in un gas ordinario gli atomi interagiscono per urti ravvicinati, nei plasmi l'interazione avviene tramite i campi elettromagnetici prodotti dalle particelle cariche, con effetti anche a lunga distanza, in cui si somma il contributo simultaneo di molte particelle (effetti collettivi).

    Solo una piccola parte degli urti porta al contatto ravvicinato fra due nuclei e quindi alla fusione.

    L'energia netta risultante utilizzabile è data dai neutroni da 14,1 MeV(2).

    All'interno di un reattore, i neutroni devono essere frenati in un mantello di Litio che ne riveste le pareti.

    In una centrale da 1GigaWatt basata sul ciclo D+T, per produrre circa 300 milioni kWh (kiloWattora) dovrebbero essere utilizzati, come combustibili, 37 kg di Deuterio e 125 kg di Litio(3) all'anno.

    Le riserve stimate di Deuterio ammontano a 4,6 x 1016 kg nell'acqua di mare, quelle di Litio a circa 1010 kg nelle rocce e ~1014 kg nell'acqua di mare, distribuite in modo uniforme sul pianeta.

    A differenza della fissione, la fusione nucleare non è un processo a catena e il combustibile deve essere fornito continuamente per sostenere le reazioni; le scorie prodotte sono costituite da Elio, elemento inerte non radioattivo. Si tratta quindi un processo intrinsecamente sicuro.

    La disponibilità  illimitata di combustibile e i limitati problemi di gestione delle scorie rendono molto interessante la via della fusione nucleare.

    I problemi sorgono nella realizzazione delle condizioni necessarie a innescare e mantenere la fusione, cioè:

    • riscaldare il plasma fino alle temperature necessarie a produrre un sufficiente numero di reazioni di fusione al secondo;
    • contenere in modo stabile il plasma, a densità  e temperatura sufficientemente elevate;
    • ottenere un isolamento termico del plasma (confinamento dell'energia), che minimizzi le perdite di particelle e di energia.

    E' possibile osservare in natura il verificarsi di tali condizioni all'interno delle stelle, dove il plasma viene compresso ad alta densità  dalla propria forza gravitazionale (confinamento gravitazionale).

    Negli esperimenti di laboratorio, dove gli effetti della gravità  su masse piccole sono trascurabili, si sono seguite due linee sostanzialmente diverse, conosciute come confinamento inerziale e confinamento magnetico del plasma.

    Complessi cicli di reazioni di questo tipo sono quelle che avvengono nel sole, come descritto fin dal 1939 da Hans Albrecht Bethe (fisico nucleare tedesco-americano).

    Le ricerche sulla fusione termonucleare furono avviate dopo il 1950 negli Stati Uniti, nell'Unione Sovietica e in Inghilterra.

    Negli anni '70 si svilupparono gli esperimenti di confinamento magnetico dei plasmi ad alta temperatura, che videro l'affermazione delle macchine di tipo "tokamak", a geometria toroidale simmetrica, rispetto a dispositivi alternativi (come lo "stellarator" o i "pinch").

    Gli esperimenti più significativi vennero condotti in Francia (TFR), Stati Uniti (TFTR), Russia (T10), Germania (ASDEX), Italia (FTU) e dimostrarono che era possibile raggiungere separatamente i valori di temperatura, densità  e tempo di isolamento termico necessari.

    I risultati più rilevanti furono infine raggiunti in Gran Bretagna dalla macchina europea JET, per mezzo della quale, nel 1997, fu realizzato il primo importante esperimento di produzione di energia da fusione, nella misura di 16,1 MW (MegaWatt = 106 Watt) per pochi secondi.

    Figura 2 - grafico risultati  raggiunti dagli esperimenti di fusione

    Figura 2: Nel grafico sono rappresentati i risultati degli esperimenti di fusione nucleare; in blu vengono indicate le macchine Tokamak, in verde la macchine di diversa concezione di tipo Stellarator, in rosso i due esperimenti che hanno realizzato la fusione.

    La Fig. 2 mostra il cammino percorso verso le condizioni critiche per la fusione attraverso i valori del prodotto di densità (n), temperatura (T) e tempo di confinamento (τE), ottenuti negli esperimenti di fusione realizzati in varie parti del mondo. La linea verde rappresenta la curva di pareggio energetico (tra energia immessa ed energia prodotta) e la zona gialla rappresenta la regione dei parametri in cui deve funzionare un reattore.

    A partire dagli anni '90, fino ad oggi, nell'ambito di un'ampia collaborazione mondiale, sono proseguite le ricerche e le sperimentazioni volte a risolvere i molteplici problemi legati alla realizzazione di un reattore a fusione.

    Parallelamente si è proseguito nello studio di diverse tipologie possibili di reattori tokamak. In particolare, sono state studiate macchine compatte ad alto campo magnetico (ad esempio Ignitor) e macchine di grandi dimensioni (ITER).

    Il costo dell'elettricità prodotta è minore per reattori di grandi dimensioni. Per questa ed altre ragioni la comunità internazionale ha optato per la realizzazione di ITER. È questa la prossima tappa del cammino verso lo sfruttamento della fusione a confinamento magnetico per la produzione di energia su larga scala.

    ITER è attualmente in fase di costruzione, come impresa mondiale, a Cadarache in Provenza (Francia) e per molti versi è l'erede dell'esperimento JET, ancora attivo in Inghilterra (Fig. 3).

    struttura del Tokamak Jet

    Figura 3 Il tokamak JET della Comunità  Europea.©JET

    Dopo la prima fase di avvio dell'esperimento (pianificata per il 2018), si entrerà nella fase di produzione di potenza di fusione (fase "DT"), che permetterà in parallelo di avviare anche più di un prototipo di centrali industriali, destinate a immettere energia nelle reti elettriche dei paesi interessati.

    Una domanda ricorrente da parte del pubblico riguarda la sicurezza e il rispetto dell'ambiente delle future centrali a fusione. Innanzitutto occorre sottolineare che, in questi futuri reattori, la quantità  di combustibile nella camera di combustione è molto piccola e in caso di malfunzionamento, con la chiusura dell'alimentazione del combustibile, si arriva all'arresto quasi immediato della generazione di potenza.

    Inoltre, negli impianti non è presente materiale fissile e le scorie radioattive provengono unicamente dai materiali dei componenti interni al reattore bombardati dai neutroni e dalla presenza del Trizio, che restano all'interno dell'impianto.

    Tali componenti vengono sostituiti periodicamente nel corso della vita della centrale, mentre è previsto che altri componenti, quali la camera da vuoto e i componenti più esterni, restino all'interno della centrale per l'intero periodo operativo.

    I principali materiali contaminati sono costituiti da Berillio e Tungsteno, Trizio e sue miscele. Dopo 12,5 anni la radioattività del tritio si dimezza, e dopo 100 anni diminuisce di 250 volte. Dopo 100 anni dalla dismissione dell'impianto l'80% dei materiali è pulito e riutilizzabile.

    In condizioni normali la dose di radioattività extra per il pubblico è inferiore all'1% del livello naturale dell'ambiente.

    Altri potenziali pericoli di contaminazione per gli operatori e per il pubblico durante il normale funzionamento della centrale potrebbero derivare da perdite accidentali di Trizio e di polveri attivate.

    Tuttavia, la maggior parte del Trizio utilizzato viene prodotto nel mantello del reattore e i sistemi robotizzati di manipolazione sono in grado di ridurre i rischi in modo significativo.

    Durante la vita di un reattore si utilizzano circa 16 kg di T. In nessun caso ne sono presenti più di 3 kg. In caso di incidente, le perdite non superano mai i 450 gr, e il progetto prevede l'impiego di barriere di confinamento multiple per la radioattività.

    È nota la necessità a breve e lungo termine di provvedere a nuove, rilevanti sorgenti di energia per il sostenimento ecocompatibile dell'economia mondiale. Sulla scena si stanno affacciando nuove diverse tecnologie che potrebbero contribuire in percentuale diversa ma certa al fabbisogno.

    Le tecnologie con potenziale veramente alto si basano sullo sfruttamento dei processi nucleari, sono molto più difficili da realizzare e tuttavia vantaggiose. Va preso atto che tutte queste sorgenti di energia potranno essere pienamente disponibili, nello stesso intervallo di tempo, tra qualche decennio. Pertanto, è necessario e possibile sviluppare, con una visione globale, molte sinergie tecnologiche.

    La fusione nucleare, sorgente di energia inesauribile, rispettosa dell'ambiente, sicura e sufficientemente economica anche se di tecnologia altissima e delicata, è certamente tra le promesse più affascinanti. Le conoscenze nel campo sono ora mature per affrontare la complessità  tecnologica e contenere i rischi economici.

    Note:

    (1) Un plasma è un gas ionizzato, costituito da una collezione di elettroni e ioni, ma che globalmente è neutro (cioè la carica elettrica totale è nulla).

    (2) MeV=106 elettronvolt (eV); 1 eV=1.6022x10-19Joule

    (3) Il trizio, che dà  in nome al ciclo D+T, viene generato nel mantello di Litio a causa del bombardamento dei neutroni.

    Sitografia:

    IFP - Istituto Fisica del Plasma www.ifp.cnr.it

    EFDA www.efda.org

    ITER www.iter.org

    Bibliografia:

    • Artsimovich L.A., Mirnov S,V., Strelkov V.S., Plasma Physics, Journal of Nuclear Energy, 1965, Part C7:305
    • Wesson,J.,The science of JET, 2000 (www.jet.efda.org/documents/books/wesson.pdf)
    • Rebut, P.H., L'énergie des étoiles : la fusion nucléaire contrôlée, Ed. Odile Jacob,1999
    • ITER Physics Design Basis, Special Issue, Nuc. Fus. 1999,39: 2137