​Gli ulivi italiani potevano essere salvati?


    Gli alberi di ulivo in Puglia infettati dal batterio Xylella fastidiosa vengono tagliati e bruciati nella speranza di rallentare la diffusione della malattia.

    L'estate scorsa le autorità italiane hanno ordinato di distruggere decine di boschi di ulivi, elementi preziosi per l’economia locale, nel tentativo di fermare la diffusione dello Xylella fastidiosa, batterio responsabile della la morte di circa 1 milione di alberi nella regione meridionale dell’Italia. Ma nuovi recenti studi rivelano che la distruzione di diversi alberi poteva essere evitata.

    Immagine - Ulivi secolari Salento, Puglia By Deblu68 (Own work) [CC BY 3.0] via Wikimedia CommonsImmagine - Ulivi secolari Salento, Puglia By Deblu68 (Own work) [CC BY 3.0] via Wikimedia Commons

    Uno studio dimostra che alcune varietà di ulivi che sono stati abbattuti sono resistenti al batterio anche quando si trovano vicino ad altri alberi infetti. Un altro mette in evidenza in che modo la malattia uccide gli alberi, indicando che molti alberi potevano essere risparmiati effettuando una forte potatura o applicando delle reti di protezione dagli insetti che trasportano il batterio.

    Se i decisori avessero avuto queste informazioni l'anno scorso, si sarebbe evitato l’abbattimento di centinaia di alberi. Invece molti olivicoltori della Puglia stanno ancora combattendo contro il governo e l'Unione europea per capire come affrontare lo Xylella.

    Uno studio decisivo pubblicato lo scorso 22 Marzo dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA, European Food Safety Authority) ha appena identificato in che modo lo Xylella uccide gli alberi, modalità che fino a poco tempo fa era oggetto di grande speculazione. L’epidemia scoppiata nel 2013 in Puglia e tutt’ora in corso ha rappresentato il primo episodio di infezione in tutto il mondo da parte dello Xylella degli alberi di ulivo pertanto non sono state disponibili ricerche valide.

    Ma ora gli esperti sembrano affermare con certezza che lo Xylella si muova dal punto di infezione verso le radici e i rami, piuttosto che muoversi dalle radici verso il resto dell'albero.

    Questa idea suggerisce invece che i coltivatori o le autorità potrebbero riuscire a contenere la malattia effettuando delle potature massicce, piuttosto che disboscare tutti gli alberi in prossimità di quelli infetti (procedura adottata dall’Italia su richiesta da parte dell’UE).

    Lo studio dell'EFSA ha inoltre determinato che il ceppo di Xylella che sta interessando gli ulivi in Puglia non infetta uva, frutta, agrumi o gli alberi come le querce, come alcuni ricercatori avevano inizialmente sospettato. Gli scienziati che hanno condotto lo studio hanno evidenziato un aspetto ancora più importante per gli agricoltori, sono state individuate le varietà di ulivi più a rischio. Secondo lo studio la varietà più suscettibile tra le piante coltivate testate è Cellina di Nardò.

    Secondo i ricercatori la varietà Leccino è invece quella più resistente alle infezioni. Gli olivicoltori che possiedono varietà resistenti potrebbero evitare lo sradicamento delle piante e quelli che hanno già dovuto rimuovere gli alberi potrebbero fare scelte più sagge piantando varietà più resistenti. Molti agricoltori in Puglia coltivano più di una varietà in base alle condizioni del suolo, preferenze personali o eredità di famiglia, le varietà più diffuse sono Ogliarola, Cellina di Nardò, Coratina, Frantoio e Leccino.

    Anche se siamo in presenza di buone notizie, gli attuali risultati potranno fare ben poco per fermare la battaglia in corso tra gli ambientalisti, i coltivatori e gli scienziati che non riescono a raggiungere un accordo su cosa fare per fermare la diffusione della malattia.

    Nei primi mesi del 2015 l'Unione europea stabilì che l'Italia doveva distruggere sia gli alberi malati sia quelli sani, per creare una zona cuscinetto tra le zone gravemente infette nella provincia di Lecce e la regione a nord della Puglia dove si produce la maggior parte di olio d’oliva italiano. Parte della motivazione era quella di bloccare al batterio la via verso il resto dell'Europa. L'UE potrebbe aver bisogno di un altro anno al fine di considerare i risultati dei nuovi studi ed eventualmente modificare le proprie richieste.

    Verso la fine della scorsa estate, dopo la distruzione di molti uliveti, rappresentanti di gruppi ambientalisti e di agricoltori si sono rivolti ai giudici per tentare di salvare gli alberi. La sentenza di un tribunale italiano ha sospeso l’eradicazione di alcune piantagioni, stabilendo che la distruzione degli alberi (infetti e sani) fosse incostituzionale, sfidando così le posizioni dell’UE.

    Proprio mentre lo studio dell'EFSA è stato pubblicato, un altro studio europeo ha messo in luce come il Philaenus spumarius (conosciuto come sputacchina), l’insetto che rappresenta il vettore principale dello Xylella, quest’anno è già in fase di incubazione con un anticipo di circa due settimane rispetto all'anno precedente. Questo ha dato ulteriore urgenza al piano di contenimento dell’epidemia introdotto dal dipartimento dell'agricoltura della regione Puglia. Il piano prevede l'implementazione di determinate pratiche agricole che possono uccidere gli insetti ancora giovani che si nutrono di erbe spontanee, tra cui la sarchiatura del terreno spargere insetticidi sulle zone infette degli alberi e nel sottobosco per eliminare i nidi degli insetti.

     

    Anche se alcuni ceppi di ulivo possono resistere all'infezione, altri nuovi studi avvertono che gli alberi più deboli potrebbero diffondere il batterio nelle nazioni vicine. In uno studio pubblicato nell'edizione del 16 marzo della rivista Biological Invasions, il dott. Luciano Bosso, ricercatore presso il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, scrive che «esiste un rischio molto elevato di diffusione del batterio Xylella fastidiosa in tutto il bacino del Mediterraneo andando quindi a interessare le colture e le piante autoctone in Portogallo, Spagna, Italia, Corsica, Albania, Montenegro, Grecia e Turchia nonché tutti i paesi del Nordafrica e del Medio Oriente». Non è ancora chiaro se le buone pratiche agricole come uccidere gli insetti e la potatura aggressiva saranno in grado di contenere eventuali nuovi focolai.

     

    L’unica buona notizia sembra essere dovuta al fatto che nessuno dei nuovi studi sembra indicare che il batterio influisca in alcun modo sulle qualità organolettiche dell'olio d'oliva. I rami infetti non producono olive, tuttavia, la malattia più la malattia si diffonderà meno olive verranno prodotte. Secondo alcune previsioni i prezzi globali dell'olio d'oliva potrebbero aumentare fino al 20 per cento nel 2016. Secondo il consiglio oleicolo internazionale (International Olive Council), i consumatori hanno pagato in media il 19,8% in più per l'olio d'oliva nel 2015 rispetto all'anno prima.