Scoperta la più grande zona di impatto provocata dagli asteroidi


    I ricercatori sospettano che entrambi i crateri abbiano avuto origine dall’impatto dello stesso asteroide con la superficie terrestre: l'area di entrambi i crateri potrebbe quindi essere la più grande di qualsiasi altro cratere presente sul nostro pianeta e potrebbe aver avuto un ruolo importante nella storia dell'evoluzione.

    Immagine 1 - un asteroide mentre colpisce la Terra (immagine artistica).

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Immagine 2 – il dott. Andrew Glikson mentre studia i campioni di roccia provenienti dai due antichi crateri (localizzati nella zona centrale dell’Australia) provocati dall’impatto con gli asteroidi. Image credit: D. Seymour.

    L'area di tali impatti copre complessivamente una superficie di 400 chilometri tuttavia, in milioni di anni la regione è stata erosa dagli agenti atmosferici fino al punto da cancellare ogni traccia visibile dalla superficie. Le singole zone degli impatti coprono una superficie di circa 200 chilometri e sono state scoperte solo perché si trovano nel bacino di Warburton che ospita un altro fenomeno geologico di rilevanza globale.

    Il bacino di Cooper, che coincide con il bacino orientale di Warburton, contiene la più grande risorsa al mondo di rocce incandescenti, graniti che si trovano a una temperatura di circa 240 °C. L’enorme quantità di calore presente a diversi chilometri di profondità potrebbe essere sfruttata per convertire l’energia termica in energia elettrica. Per tale motivo diverse aziende stanno pensando di pompare dell’acqua in profondità in modo tale da generare vapore che una volta risalito in superficie potrebbe far ruotare delle turbine calettate su generatori elettrici.

    Per trovare i siti più adatti alla produzione di energia è necessario perforare in maniera estesa la superficie e durante tale processo i geologi hanno notato le tracce di un cratere meteoritico sepolto da molto tempo.

    Sulla rivista Tectonophysics, il dott. Andrew Glickson ricercatore dell’Australian National University ha dichiarato che le anomalie magnetiche e gravitazionali del bacino e il quarzo “scioccato” (dall’inglese “shocked quartz”) sono indicativi di un asteroide che si è spezzato in due prima dell'impatto.

     

     

     

     

    Immagine 3: le caratteristiche della roccia mostrano la deformazione avvenuta nel quarzo proveniente dalla zona dell’impatto del bacino di Warburton.

    La modellazione magnetica della crosta profonda della zona dell'impatto ha tracciato dei rigonfiamenti nascosti nelle viscere della terra ricchi di ferro e magnesio, corrispondenti alla composizione del mantello della Terra.

    "Ci sono due enormi cupole in profondità nella crosta terrestre, formate dai rimbalzi della crosta terrestre dopo l'enorme impatto" sostiene il dott. Glikson.

    Questo potrebbe diventare il secondo esempio confermato di un duplice impatto la coppia di impatti trovati in Svezia. "Ognuno dei due asteroidi doveva essere grande più di 10 km" scrive Glickson. "Potrebbe essere stato un disastro per molte specie viventi sul nostro pianeta".

    Il team di ricercatori ha cercato di abbinare gli impatti con un evento d'estinzione di massa. Dopo tutto, considerato che i crateri in oggetto sono più ampi del cratere Chicxulub (trovato nella penisola dello Yucatán in Messico) che ha probabilmente spazzato via i dinosauri 65 milioni di anni fa, dovrebbe essere presente una traccia visibile nella storia dei fossili. Purtroppo il lavoro di classificazione temporale delle rocce è ostacolato dall’assenza di campioni adatti alla datazione radiometrica. Tale analisi consentirebbe infatti di posizionare con maggior precisione il momento dell'impatto sulla scala del tempo. Alcuni geologi sono convinti che gli impatti siano avvenuti circa 300 milioni di anni fa, nello stesso periodo in cui si sono formati alcuni dei graniti della zona. Glickson sospetta invece che gli impatti siano ancora più vecchi e potrebbero essere quindi la causa dell'estinzione di massa del tardo Devoniano (il quarto dei sei periodi in cui è suddivisa l'era del Paleozoico) avvenuta 366 milioni di anni fa.

    Glickson scrive inoltre che gli impatti potrebbero aver contribuito alla formazione dell’enorme risorsa geotermica che ha condotto alla scoperta: le cupole di rimbalzo prodotte dagli impatti hanno funzionato come dei serbatoi per il magma del mantello e hanno quindi contribuito a preservare il calore fino ad oggi.

    Il cratere di Vredfort in Sud Africa è in genere considerato il più grande al mondo con una larghezza stimata di 478 Km anche se altri studi riportano una larghezza di 160 Km. Anche se nessun cratere da solo può essere classificato tra i più grandi del pianeta, Glickson ha dichiarato all’emittente ABC che la loro combinazione è: "la più grande conosciuta nel mondo."