L’influenza fattori socio-culturali sull’apprendimento scolastico: Parte 3


    Autori: Marco Capocasa, Veronica Marcari, Enzo D’Arcangelo, Maria Enrica Danubio Fabrizio Rufo

    Marco Capocasa

    Istituto Italiano di Antropologia,Roma, Italia

    Veronica Marcari

    University of Neuchâtel, Neuchâtel, Svizzera

    Enzo D’Arcangelo

    Sapienza Università di Roma, Roma, Italia

    Maria Enrica Danubio

    Università de L’Aquila, L’Aquila, Italia

    Fabrizio Rufo

    Sapienza Università di Roma, Roma, Italia

    Autore corrispondente:

    Marco Capocasa

    Affiliazione: Istituto Italiano di Antropologia

    3. Analisi dei risultati dell’indagine

    Un primo risultato preliminare riguarda il fatto che l’analisi dei punteggi complessivi non ha mostrato significative differenze di genere. Si tratta di un particolare non trascurabile, in un contesto come quello della città di Roma dove ancora oggi marcate disuguaglianze di genere persistono a livello sociale (Costantini e Monni, 2009; Campa et al., 2011). Di conseguenza, le analisi sono state condotte utilizzando l’intero campione senza compiere distinzioni di genere.

    3.1 Risultati descrittivi relativi alle risposte alle domande del test

    L’età della Terra e l’evoluzione della specie

    La maggior parte degli studenti (96,5%) è convinta dell’esistenza di un processo evolutivo responsabile della biodiversità animale e vegetale, dove l’interazione fra organismi viventi e l’ambiente circostante è fondamentale. Il 93,7% del campione ha interpretato questo processo sulla base delle dinamiche di estinzione e di speciazione. É interessante notare come se l’86,6% ha correttamente risposto alla domanda riguardante l’età della Terra, c’è stato un 10% di studenti che ha fornito risposte errate.

    L’evoluzione di Homo sapiens

    La quasi totalità degli studenti ha affermato di credere che Homo sapiens non è frutto di un evento creazionistico ma di un processo evolutivo (97,2%), di essere consapevole che la scoperta di resti fossili ha permesso agli scienziati di comprendere i tempi e i luoghi della comparsa dell’uomo sulla Terra (94.2%) e ha interpretato i cambiamenti evolutivi in relazione all’adattamento all’ambiente nel corso delle espansioni demiche di Homo sapiens dall’Africa alle regioni del Medio Oriente.

    Per quanto concerne i temi specifici dell’evoluzione umana è stata notata una generale diminuzione nella correttezza delle risposte. Infatti, solo il 69,9% degli studenti ha associato l’Africa all’origine della specie umana, mentre solo il 33% è convinto che tale origine si sia verificata intorno a 150 mila anni fa. I restanti due terzi del campione hanno invece risposto che Homo sapiens sarebbe comparso un miliardo di anni fa (7,7%), cento milioni di anni fa (11,1%), venti milioni di anni fa (20,6%) e seimila anni fa (14,1%), mentre il 13,5% non ha risposto. Tra queste risposte errate, ci soffermiamo soprattutto su quelli che hanno risposto “seimila anni fa”.

    Seppure questa datazione corrisponde alla cronologia biblica della creazione, riteniamo che sia più plausibile pensare che questa parte del campione abbia confuso l’origine di Homo sapiens con la nascita delle grandi civiltà storiche (Assiro-Babilonese, Sumera ed Egiziana).

    Questa interpretazione è supportata dal fatto che, l’abbiamo già accennato, solo una piccola parte del campione (2,8%) ha considerato la comparsa della specie umana un evento divino piuttosto che un processo evolutivo. Questo risultato dimostra come vi sia tra gli studenti una generale accettazione del concetto dell’evoluzione biologica.

    L’ultima domanda di questa parte del test riguardava il concetto di razza umana e la sua interpretazione biologica. Solamente il 29,8% degli studenti concorda con la non esistenza delle razze umane. E’ stato interessante analizzare inoltre le percentuali delle risposte errate: addirittura il 44,8% ha affermato che il concetto di razza umana è supportato da evidenze biologiche.

    Questo risultato è particolarmente rilevante in considerazione delle consolidate evidenze riguardanti la straordinaria omogeneità genetica della nostra specie e della conseguente dimostrata inconsistenza scientifica delle razze umane (Barbujani e Colonna, 2010). Il 18,5% ha invece preferito dare al concetto di razza umana una connotazione sociale.

    Questa interpretazione potrebbe dipendere dal fatto che questo termine è spesso usato per mettere in evidenza differenze fra popolazioni umane collegate alla loro identità etnica e alle loro origini geografiche, un’attitudine questa profondamente radicata nella cultura occidentale (Gould, 1981; Pievani, 2012). Il 5,9% lo ha associato a ragioni di tipo politico e il rimanente 1% a motivazioni religiose.

    Quest’ultimo dato è interessante, perché contrasta con quanto riportato in altri studi condotti in differenti contesti socio-culturali, dai quali è invece emerso un collegamento fra appartenenza religiosa e pregiudizio razziale, oltre che visioni etnocentriche facilmente percorribili che portano ad opporre ‘noi’ a ‘loro’ seguendo identificazioni razziali basate sulla religione (Altemeyer, 2003; Campelli, 2004; Hall et al., 2010).

    La diversità umana.

    Più della metà degli studenti (57,1%) ha affermato che lo sviluppo e il successo delle grandi civiltà del Mediterraneo nel corso della storia sarebbe stato favorito da una loro presunta superiorità intellettiva che, secondo il 65,9% avrebbe anche contribuito al progresso scientifico-tecnologico delle attuali popolazioni occidentali. Tuttavia, e sorprendentemente visti questi risultati, la maggior parte del campione (92,6%) ha negato l’esistenza di popolazioni più intelligenti di altre.

    Questo contrasto potrebbe essere attribuibile al fatto che gli studenti potrebbero aver considerato la superiorità intellettiva come un insieme di abilità che sono comuni a tutte le popolazioni ma che la loro acquisizione si verifica in periodi storici differenti in base al raggiungimento di specifiche condizioni socio-culturali.

    Il 44,2% degli studenti ha considerato la diversità umana come equamente dipendente da fattori biologici e culturali. Più del 90% del campione ha valutato positivamente le dinamiche di contatto fra culture differenti (92,6%), affermando che potrebbe essere stato favorito dal progresso scientifico (97%). Studi recenti relativi allo sviluppo cognitivo evidenziano una maggiore tendenza a enfatizzare le differenze fra gruppi umani, piuttosto che tra gli individui di ciascun gruppo (Beggrow e Nehm, 2012; Opfer et al., 2012).

    Alcuni autori mettono in guardia sul rischio che alcune di queste ‘distorsioni cognitive’, come possono esserlo alcune reazioni emotive legate ad esempio alle differenze fenotipiche osservabili fra individui, possono influenzare la comprensione dei fondamenti teorico-scientifici della diversità umana (Girotto et al., 2008; Shtulman e Calabi, 2013).

    3.2 L’influenza del background personale e dell’ambiente familiare

    La somministrazione di un questionario di sei domande riguardanti il background personale e familiare degli studenti ci ha permesso di indagare le potenziali interazioni fra fattori socio-culturali e il grado di conoscenza dell’evoluzione e della diversità umana degli studenti coinvolti. La maggior parte dell’analisi dei dati è stata dedicata a questi aspetti attraverso la valutazione dei punteggi complessivi ottenuti dagli studenti. La distribuzione dei punteggi va da 13 a 89, con una mediana di 70.

    La variabilità dei punteggi è stata analizzata tenendo in considerazione come co-variate il genere, il tipo di istituto scolastico, le materie preferite, le letture preferite, il tempo dedicato alla lettura e la scolarità genitoriale (Tabella 1, link interno lswn.it, si apre una nuova finestra).

    Anche in questo caso il genere non risulta coinvolto nel determinare differenze significative nella correttezza delle risposte e neppure nell’influenzare i risultati delle interazioni fra tutte le variabili considerate nel modello.

    Il tipo di istituto scolastico e la scolarità genitoriale sembrano invece giocare un ruolo significativo sia presi singolarmente sia per quanto concerne le interazioni con altri fattori. Fra le variabili predittive, le “letture preferite” e il “tempo dedicato alla lettura” sono quelle che hanno mostrato effetti significativi. Le uniche interazioni significative fra i fattori socio-culturali che abbiamo considerato sono risultate essere quelle fra “materie preferite” e “tipo di istituto scolastico” e fra “materie preferite” e “tempo dedicato alla lettura”. Di queste due interazioni abbiamo quindi condotto un approfondimento, analizzando le loro statistiche descrittive (Tabella 2, link interno lswn.it, si apre una nuova finestra).

    Quest’analisi ha mostrato che la combinazione “studenti del liceo classico che preferiscono le discipline scientifiche” è caratterizzata da un punteggio medio complessivo superiore rispetto a tutte le altre, che invece fra loro mostrano punteggi medi similari. L’interazione fra “materie preferite” e “tempo dedicato alla lettura” ha invece mostrato un pressoché costante incremento dei punteggi medi ottenuti dagli studenti all’aumentare del tempo dedicato alla lettura, più marcato nel caso degli studenti interessati maggiormente alle materie umanistiche.

    La scolarità genitoriale è risultata quindi essere una variabile altamente significativa. La sua influenza sull’abilità dei figli di comprendere i concetti base dell’evoluzione e della diversità umana, sia biologica sia culturale, è emersa chiaramente dalla nostra analisi (Tabella 1).

    Il grafico riportato in Figura 2 mostra in dettaglio gli andamenti dei punteggi complessivi degli studenti in relazione ai quattro livelli di scolarità genitoriale presi in considerazione. Il 66,5% degli studenti che hanno raggiunto un punteggio maggiore di 75 (cioè uno dei punteggi che ricadono nell’ultimo quartile della distribuzione) ha almeno un genitore laureato, mentre il 52,4% degli studenti con un punteggio uguale o inferiore a 65 sono figli di genitori che al massimo hanno conseguito un diploma di scuola superiore. Tuttavia, la quelli con punteggi sopra la mediana (P>70) sono distribuiti lungo un gradiente abbastanza regolare rispetto al livello di scolarità genitoriale.

    Figura 2 - Il grafico riportato mostra in dettaglio gli andamenti dei punteggi complessivi degli studenti in relazione ai quattro livelli di scolarità genitoriale presi in considerazione.Abbiamo analizzato anche le relazioni fra livello di scolarità genitoriale e le abilità degli studenti rispetto ai singoli argomenti riguardanti l’evoluzione e la diversità umana. Focalizzando la nostra attenzione su quelle domande per le quali sono state date le risposte errate in maggior percentuale è emerso che sono soprattutto i figli di coloro che hanno conseguito il più alto livello di scolarità quelli che hanno mostrato di credere meno all’importanza della superiorità intellettiva rispetto al progresso scientifico, a conoscere la corretta datazione della comparsa di Homo sapiens e a non riconoscere alcun significato nel concetto di razza umana (Tabella 3).

    Questi risultati mettono in luce come la scolarità genitoriale sia una variabile strutturale altamente significativa. Ciò sottolinea l’importanza del ruolo del contesto culturale familiare nel processo di formazione dei giovani studenti, un risultato che, come è già stato accennato, è coerente con quanto riportato in altri studi condotti sia in Italia (Checchi et al., 2006) che in altri paesi europei (Black et al., 2005; Daouli et al., 2010; Pereira, 2010).

    Indice dell'articolo "L’influenza dei fattori socio-culturali sull’apprendimento scolastico":

    L’influenza dei fattori socio-culturali sull’apprendimento scolastico (parte 1)

    Scopo del lavoro e Metodologia (parte 2)

    Analisi dei risultati dell’indagine (parte 3)

    Conclusioni e Ringraziamenti (parte 4)